Educare a carte scoperte aiuta anche i grandi. E incrementa la fiducia reciproca 

Un gruppo di minuscoli anatroccoli, preceduti dalla madre, corrono verso una diga, che non potranno mai superare. C’è un metro di dislivello e una cascatella che non incoraggia. La madre esplora tutto il fronte dell’ostacolo con grande decisione, aggira un mulinello, stavolta i pulcini l’aspettano. Lei è ostinata, forse troppo, mi dico. Non capisco che gusto c’è a volere a tutti i costi portare la nidiata dall’altra parte. 

Documento tutto con un filmato, che realizzo col mio telefono. Piacevole senso di tenerezza, ma continuo a non capire il comportamento della madre.

“Sembrano otto”, mi dice un vecchietto che segue la scena, ma per la verità non l’avevo notato. “Credo di averne contati dieci”, rispondo. Parliamo dei pulcini. 

“Domani potrebbero essercene la metà”. Non ci arrivo, chiedo lumi. “La ragione per la quale la mamma li vuole portare dall’altra parte è metterli al sicuro dai corvi e dalle tartarughe, che da questa parte fanno razzia”. Una sentenza.

Cessano i miei dubbi, capisco mamma anatra, ora il suo comportamento non è più oscuro, sono commosso. Ora intendo la trama e ne partecipo, tutto mi appare logico.

In quella scena c’è una metafora perfetta di tanti passaggi educativi, di molteplici incomprensioni generazionali. I pulcini non erano, come il sottoscritto, troppo convinti del comportamento della madre -capita che i figli non capiscano-, eppure la seguivano. Istinto, certo.

Capita altrettanto spesso che i genitori abusino, anche in buona fede, della propria posizione. “Educare vuol dire far seguire e basta”, diceva un sopravvalutato educatore, ma registro effetti disastrosi tra i suoi seguaci.

Ecco, quell’atto di fiducia dei pulcini, noi grandi dovremmo rispettarlo in modo sacrale -spiegando tutto ciò che si può spiegare- senza mai tradirlo, solo questo metterà i figli in condizione di sentire che sono in buone mani.

Ho dovuto attendere che fosse il vecchietto a svelarmi il mistero di quell’ostinazione, spesso ai figli nessuno spiega perché abbiamo preso quell’autobus e dove porta.  

12 pensieri riguardo “Educare a carte scoperte aiuta anche i grandi. E incrementa la fiducia reciproca 

  1. Ringrazio di cuore per lo sprono…effettivamente a volte anche come sacerdote dimentico che non sono chiamato a far camminare gli altri col mio passo, alla mia velocità e secondo il mio cammino…ma solo ad indicare una strada.

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    1. Gentile padre Giuseppe, il limite che lei denuncia ci accomuna tutti. Nelle relazioni interpersonali, a cominciare di quelle educative,
      gli abusi di soggettività spesso la fanno da padroni. Ma la capacità di porsi dubbi e domande su di noi, è un’ancora di salvezza a cui non dobbiamo stancarci di ricorrere. La ringrazia anche io di cuore

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    1. Il fatto è che non si impara una volta per tutte, i nostri figli, come i corpi celesti, si muovono, non sono mai nello
      stesso posto. Parlare con loro richiede la capacità di tenere presente dove si trovano in quel momento.

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  2. Spesse volte mi sono trovato in opposizione ai miei genitori riguardo a determinate scelte che riguardavano la mia educazione.
    Col passare del tempo però mi sono trovato a rivalutare certe disposizioni, che rilette da un’altra prospettiva mi hanno chiarito un quadro che nell’impazienza della giovinezza mi pareva ingiustificato. Crescendo si perde progressivamente in fantasia e freschezza, ma si guadagna in prospettiva, lungimiranza e responsabilità.
    Per questo, pur avvertendo degli errori da parte dei miei genitori, riconosco di doverli ringraziare per la persona che mi hanno fatto diventare. Anche accettando il fatto di non essere una persona completamente risolta, sono contento di come loro abbiano instillato in me un certo tipo di valori, sensibilità e mentalità. Senza questi doni non sarei in coscienza soddisfatto del mio essere.
    Dopotutto comprendo anche le difficoltà dell’essere genitori. Si procede inevitabilmente per tentativi, perché crescere ed educare un altro essere umano è il mestiere più difficile, che nessuno potrà mai insegnare in maniera completa.
    Perciò mi unisco alla commozione e alla partecipazione verso mamma anatra, sola guida per uno stormo di pulcini impazienti e curiosi di un mondo ostile e pieno di pericoli.
    Un mondo pieno di rischi sì, ma con attimi di bellezza sconfinata se si seguono i giusti insegnamenti e se si è capaci di tramandarli.

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    1. Che bella fotografia, caro Dario. Restituisce colore a certe fotografia in bianco e nero, gronda tolleranza, capacità di capire che ci sono “investimenti” a lungo periodo, questo è educare, la cui efficacia, oppure i suoi limiti, si possono cogliere solo quando il tempo è passato.
      In questi giorni sto seguendo una situazione che tende a precipitare in risentimento, proprio perché da parte del figlio manca la capacità di “collocare” i comportamenti del genitore, comportamenti anche sbagliati e talvolta padronali, ma frutto di una formazione che arriva da lontano, quando i figli erano dei genitori. Certo, non si può giustificare tutto, non sarebbe nemmeno giusto, ma non si può nemmeno ascrivere ogni movimento a una maligna volontà deliberata di chi si è occupato di noi. Quando usiamo espressioni impegnative, come “patto tra generazioni”, bisogna sempre ricordare che i contraenti sono fatti di materia diversa e, possibilmente, tenerne conto.

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  3. Bello “educare a carte scoperte”: spazza via la funesta illusione che nell’educazione ci siano cose da nascondere e da tenere nascoste, luoghi inesploarabili, parole indicibili, errori che non si possono (e men che meno devono) riconoscere, il tutto in nome di una presunta superiorità assoluta dell’adulto.
    Mentre mamma anatra ha “solo” una fallibile superiorità di istinto ed esperienza, che suscita a ragione la fiducia e l’affidamento dei piccoli in questa rischiosa avventura comune.

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    1. Noto che quando ci soffermiamo su un qualche aspetto della relazione educativa, si accende un interesse insolito tra noi adulti. Credo dipenda dal fatto che percepiamo di essere toccati su molteplici livelli, a cominciare dalla parte di “figlia/figlio” rimasta intatta dentro di noi. Prendono corpo retroazioni, si innescano paragoni, ci si auto-valuta come genitori, si lega il passato remoto al presente e si fanno pronostici sul futuro. Si torna sui propri passi, nascono degli apprendimenti. L’educazione non finisce mai di…educare. Grazie

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      1. Grazie a lei.
        Nella mia esperienza aver lasciato aperte le porte (con un po’ di buon senso) è stata la salvezza, come madre e come figlia.

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