Uscire di scena, farsi da parte al tempo degli immortali

L’illusione di essere eterni è una delle più grandi cause di malessere della nostra esistenza, dalla vita sentimentale a quella lavorativa fino all’evento più estremo, mai cosi rimosso come in questo tempo.

https://tg24.sky.it/cronaca/2024/06/17/uscire-di-scena-farsi-da-parte-al-tempo-degli-immortali

4 pensieri riguardo “Uscire di scena, farsi da parte al tempo degli immortali

  1. Caro Domenico, grazie di questo articolo. Finalmente qualcuno che parla della morte senza fare scongiuri. Io non posso neanche nominarla con parenti e amici perché subito mi tacciano di depressione, si voltano dall’altra parte, sbuffano o mi bloccano la parola. Quasi mi sento in colpa, fuori dal senso comune e quindi sbagliata. Ma avremo diritto di sentirci anche un po’ stanchi e quasi completamente sazi? Non posso neanche dire che sono vecchia, perché non si fa…non obbligo nessuno a fare e pensare come me, ma è difficile permettersi un po’ di malinconia, che può essere anche dolce. E ricordare…che è così bello, vengo rimproverata perché ricordo molto e con il piacere di ricordare. Non significa forse che abbiamo vissuto e con gusto? Questo non significa voltare le spalle al nuovo mattino che si affaccia, o alle notti che spesso sono diventate così prive del piacere del sonno. Cerco di riempire di senso anche questi scampoli di tempo che non so quanto dureranno. Abbiamo perduto il limite, la gioia di avere una misura e quindi una forma, una definizione. È lo stesso male che guida prepotenza e violenza di piccole, grandi o enormi uccisioni quando la morte non è la cornice della vita, ma diventa il padrone della mente e delle azioni. Secondo me trascurare la morte o rimuoverla con disgusto è segno di un difettoso amore per la vita, che troppo spesso consideriamo come un nostro diritto, una garanzia, qualcosa di automatico e ce ne abbuffiamo senza quasi guardare quello che c’è nel piatto Buona estate, ti abbraccio

    Mimma

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    1. Carissima Mimma, le tue parole spiegano perché siamo amici e ci stimiamo così tanto. Difficile aggiungere qualcosa con non appaia banale, ma il caso mi da una mano. Stamattina, appena dieci minuti dopo che era uscito il post, è arrivato un messaggino., eccolo.
      “Ciao Domenico, leggo ora il tuo articolo in cui racconti, tra le altre cose, il mio sogno.
      Il papà alla fine se n’è andato sabato mattina. Non sono riuscita a tenerlo a galla purtroppo, la corrente era davvero troppo forte.
      Oggi faremo il funerale e le tue parole, come al solito, sono state di conforto. Ci vediamo presto, ti abbraccio.
      Come avrai capito si parla della persona di cui avevo detto nel mio articolo, usa parole che tu capisci meglio di me e ci porta in una stanza della vita negata, sigillata, dove non osiamo neppure passare di sfuggita. Eppure, è in quella stanza che ci sono le risposte che spesso ci affanniamo a cercare altrove, senza fortuna. La vita, che è solo un sottoinsieme di ciò che ci precede e ci segue, perde significato se non è associata a quei due universi che, come parentesi, ci contengono e danno senso a tutto. Ti abbraccio

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  2. Caro Domenico, grazie per il tuo articolo. Anch’io apprezzo davvero molto che qualcuno sia tanto libero da parlare della morte senza bisogno di mascherarla grottescamente. Leggendo mi sono venute in mente moltissime immagini, parole, persone. Le prime parole di questa pagina sono terribilmente simili al titolo dato ad una raccolta di interviste a Jeff Buckley, splendido chitarrista e cantante morto per un incidente a soli 31 anni. L’impressione di essere eterno, ed in quella differenza di verbo sta tutta la distanza tra l’umanità del progettarsi (perché altrimenti non si avrebbe nemmeno la forza di vivere) e la stupidità del credersi ciò che non si può essere. Condoglianze alla figlia che ha dovuto lasciar andare suo padre: c’era molta grazia in quel sogno e, credo, anche in quelle vite.

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