Ripropongo un’intervista di due anni fa, quando sembrava che la guerra fosse solo un episodio, un incidente trascurabile e temporaneo. Sono passati quasi ottocento giorni dall’inizio del conflitto russo-ucraino, e chissà quanti ne passeranno prima che questo capitolo si possa chiudere.
Non c’è stato giorno in cui i bambini non ne abbiano sentito parlare, sarà così fino a quando le armi taceranno.
Attrezzarsi per rispondere alle loro ansie a alle loro curiosità è il nostro modo di “fare la guerra”, l’unico possibile, presentarla ai bambini senza reticenze, ricordando che il fatto che non riescano a parlarne non significa che sia lontana dal loro mondo interiore.
https://tg24.sky.it/cronaca/approfondimenti/russia-ucraina-come-spiegare-guerra-bambini
Molto bella e profonda questa intervista, ancora attualissima.
Peraltro, dottore, questo stesso approccio reticente e iperprotettivo, ma in modo insano, che certi adulti hanno coi bambini, non riguarda solo la guerra. È un tentativo maldestro di anestetizzarli, allora non si mostrano i morti – e io conosco bambini cresciuti che persino da adulti non hanno mai fatto visita ad una persona morta, perché “si impressionano”-, non si parla di guerra e non se ne propongono le immagini, che potrebbero urtare la loro sensibilità, non si parla della malattia, né degli adulti né tanto meno dei bambini, né del fatto che ci sono 660milioni di bambini che vivono in condizioni di povertà, la metà di povertà estrema. Perchè dirglielo, loro cosa possono farci? Anche della sofferenza animale si fa schermo coi bambini, perché devono mangiare la bistecchina, l’arrosto di vitello della nonna e il prosciuttino.
Del resto vanno protetti dalle cose brutte, finché sono piccoli, e intanto noi adulti ci schermiamo così dalle domande scomode, che non ci facciamo più nemmeno noi e l’indifferenza diventa una ferita sempre piu profonda e infetta.
Però in compenso bambini e ragazzi possono stare ore sui social e bersi le cazzate (mi perdoni il francese) degli influencer, quelle no, non fanno male, anche se li diseducano mostrando l’isola che non c’è, un mondo che non esiste, artefatto, tutto brend, vacuità e ostentazione, niente sacrificio, guadagno facile, attici da mille e una notte, cabine armadio che sembrano un piano della Rinascente e Ferrari fiammanti acquistate con la stessa naturalezza che noi comuni mortali indossiamo quando andiamo a compare il pane. Questo no, non ci scandalizza, non ci fa problema.
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Caro Gianni, ci sarebbe poco da aggiungere alla sua analisi, immagino lei parli da padre consapevole che come tutti noi si preoccupa di tutelare i propri figli dalle frustrazioni, dimenticando che senza quelle non c’è allenamento alla vita. Siamo tutti sulla stessa barca, dovremmo incoraggiarci vicendevolmente a sfuggire a questa deriva, mossa purtroppo dall’amore, quindi assai resistente.
Certe volte penso che ptoteggiamo i nostri figli per proteggere noi stessi, perché non tolleriamo la sofferenza che ci deriva dalla loro scontentezza. Anche per noi vale la tentazione di cancellare ciò che ci spiace, se potessimo elimineremmo anche gli stimoli della fame e della sete, con le conseguenze che questo comporterebbe. Un caro saluto e grazie
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