Se volete salvare i vostri figli, impegnatevi in politica, non cercate scuse

Premessa, questo non è un post di politica, ma strettamente di psicologia, conformemente ai contenuti e alle intenzioni del blog. Nelle prossime righe potrete darvi conto voi stessi di tale affermazione.

Altra premessa, queste parole sono rivolte soprattutto a chi pensa che la politica sia estranea alla sua vita e a quella dei propri figli. Errore fatale, che rovina prima la politica poi noi stessi e le nostre famiglie. 

“Buongiorno Dottore, volevo solo farle sapere che mi sono buttata in politica. Sono candidata in una lista civica nel mio comune, alle porte di Milano. Ho voglia di cominciare a cambiare questo mondo un pezzettino alla volta.
Le sue parole, tramite il blog, sono uno dei miei punti di riferimento nella vita, ed ora in questo percorso. La ringrazio e la leggo e leggerò sempre con piacere!”

Questa mail è arrivata l’otto di giugno nella mia casella di posta elettronica, riempiendomi di orgoglio. È di una giovane manager e madre. 

Due settimane prima un’altra ex paziente mi aveva comunicato di avere preso una decisione analoga, suscitandomi lo stesso sentimento di gratitudine, perché da cittadino mi sento più sicuro quando le istituzioni sono presidiate da persone che vedono nella politica la chiave per cambiare positivamente la vita collettiva.

Ma nella politica vi sono anche effetti collaterali evolutivi per chi si cimenta. Così è stato per il sottoscritto, che dall’impegno politico in gioventù si è visto restituire preparazione, senso di responsabilità, maturazione personale. 

Ricordo il primo balbettante intervento in consiglio comunale, avevo 28 anni, se oggi parlo con disinvoltura in pubblico, lo devo anche a quella scuola. Sentivo, a ragione, di potere dare piuttosto poco ma coltivavo la certezza di potere imparare e restituire con gratitudine. La persona che sono oggi è figlia anche di quella scelta. Ricordo di essermi occupato di servizi sociali, incrementando le mie competenze su bambini, anziani, persone bisognose, ma anche sull’alcolismo, sulle tossicodipendenze (allora l’eroina trascinava intere generazioni nella tomba), su mille materie di interesse collettivo.

L’impegno mi costò un paio di anni di ritardo nel corso di laurea, anni spesi bene. Forse sono diventato, grazie a quell’impegno, anche un padre più consapevole.

Per me si trattò solo di un servizio, come dovrebbe essere per tutti, ma così non è per questo il Paese non funziona come dovrebbe. A trentun anni rinunciai alla candidatura per il Parlamento, poco dopo decisi che il mio impegno era finito, lasciando il posto ad altri. Avevo fatto la mia parte e fui tra i giovani che denunciarono il malaffare contribuendo ad aprire una stagione di legalità nella vita pubblica, chiusasi troppo presto.

Diversi pazienti, ma anche persone che incontro alle mie conferenze, si sono dati a questo tipo di impegno, qualcuno facendo strada e mantenendo vivo lo spirito iniziale. Ammetto di essere un “istigatore”, non mi importa l’orientamento politico ma, conformemente al mio credo professionale, molto centrato sullo sviluppo del sentimento sociale, sulla costruzione di una comunità solidale, non manco di sottolineare le responsabilità personali di ciascuno. 

La politica si occupa dei nostri figli, perché agisce in tutti gli ambiti che toccano la loro vita, non si può educare compiutamente se non si occupano gli spazi dove si decide per loro. Non diventeremo tutti statisti, ma possiamo rendere migliore la nostra famiglia, quella dei vicini di casa, quelle del quartiere e della città che abitiamo. Se non lo faremo noi, lo faranno altri e, posso garantirvelo, salvo eccezioni, non si occuperanno dei nostri bambini e ragazzi.Un giovane cantante, intervistato nei giorni scorsi da una grande giornalista, raccontava di non conoscere giovani che vanno a votare.

Capisco la rabbia, ma non possiamo risolvere tutto con le canzoni, e non lo dico solo perché sono stonato.

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *