Thomas Ceccon un anno dopo

Il 4 agosto dello scorso anno avevamo postato una riflessione proprio sul ragazzo che il 29 luglio 2024 ha vinto l’oro olimpico nei 100 dorso. Allora si era lasciato sfuggire alcune parole inopportune, succede ma quando succede è necessario trarne delle lezioni, senza calcare la mano, semplicemente per ricordare che le parole, anche quando “scappano”, possiedono dei significati, ancora di più quando sono pronunciate da persone che per il loro prestigio o per la loro notorietà possono dare forza alla “parte sbagliata”, soprattutto in un momento storico in cui troppe suggestione insopportabili stanno infiltrando, legittimandosi.

Ripropongo quella lettura, che oggi diventa ancora più attuale.

Thomas Ceccon è un nuotatore forte, forse il più bravo che c’è nel nostro paese in questo momento. Nelle scorse ore si è fatto notare per una bravata, scrivendo sul suo profilo Instagram “Boia chi molla”. Voleva mostrare la grinta che ci mette negli allenamenti e, chissà, quanto è macho. 

Posso capire, fino a quando non si è imposto dava l’aria di un ragazzo dal passato venato di insicurezze e forse di complessi. Pochi di noi possono dire di non essere passati per quella strada, noi umani siamo inferiori per storia naturale, tutti i movimenti verso l’alto, quelli che fanno progresso, sono figli di quel pungolo, anche le medaglie di Thomas. 

Dopo 24 ore, si è dissociato da quanto scritto, precisando che non conosceva il significato storico di quel motto e il suo legame con il fascismo. Gli voglio credere, stare sotto la luce dei riflettori è difficile e stressante per chiunque, figuriamoci per un ragazzino, ma il problema è più grave e non riguarda solo Thomas semmai quella superficialità collettiva che ci spinge a stabilire equivalenze false e indigeste, che poi le nuove generazioni prendono sul serio, soprattutto quando gli adulti dormono o sono essi stessi tentati dalla follia. 

Ma le cose non stanno così, non ci sono equivalenze, la storia è una grande maestra proprio perché ci aiuta a separare le responsabilità, aiutandoci ad attribuire gli eventi a precisi protagonisti, con nomi e cognomi, per questo sappiamo con certezza che fascismo e democrazia sono due cose molto diverse, inconciliabili.

Il primo è individualismo, strafottenza. Una buona democrazia è solidarismo.

Il primo e prepotenza, violenza. La seconda è tolleranza.

Il primo è arbitrio. La seconda è tutela dei diritti.

Potrei continuare a lungo in questa bipartizione, ma mi limito solo a considerare che un giorno, se è nei suoi programmi, questo giovane atleta diventerà padre e quelle che adesso potrebbero sembrargli distinzioni scolastiche gli si riveleranno in tutta la loro drammaticità. Si fidi. 

Lasciamoci alle spalle questo incidente di percorso, capita alla sua età, mi auguro e gli auguro che si tratti di un episodio isolato, perché egli rappresenta il nostro paese, e quando canta l’Inno riporta alla memoria uno dei momenti che ci resero liberi, dunque, inconciliabili con quelle parole che, come dice lui, gli sono scappate per disinformazione.

È un fatto educativo e culturale, viene molto prima della politica. Stiamo attenti, tutti. 

Il fascismo, lo dico a questo ragazzo, a tutti i ragazzi, è morte, lo sarà sempre, anche quando si trucca e cerca di diventare presentabile, perché i principi sui quali si fonda sono barbari, primitivi, violenti. La sua natura è malata e inguaribile, perché non riconosce all’uomo il diritto di autodeterminarsi. Difficilmente una persona psicologicamente sana potrebbe accettare una tale premessa.  

La democrazia, imperfetta quanto noi umani, è invece speranza, rispetto, fiducia nelle donne e negli uomini, anche di quelli che non vincono, anzi soprattutto di costoro. 

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