Leggo le parole della madre il cui figlio è stato aggredito a Milano nelle scorse ore, sostiene che i maranza sono diventati una vera emergenza sociale, difficile darle torto, ma, con grande lucidità, vede oltre, denuncia un’emergenza sociale molto più grave dei maranza, che nessuno registrerà perché è carica di domande fastidiose. Si chiama indifferenza ed è il vero problema. Un problema mortale.
“Durante l’ora da incubo vissuta dai nostri ragazzi, nessuno – ma proprio nessuno – li ha aiutati. Alle otto di sera, nel pieno centro di una città affollata di persone intente a fare acquisti natalizi”.
Se è vero che esiste il fenomeno dei maranza è lecito domandarsi come pensiamo di affrontarlo, perché esecrarlo non basta. In questa brutta storia anche i carnefici sono vittime. Dobbiamo sapere che chi vive ai margini diventa una centrale di risentimento, il suo comandamento, l’unico possibile, è “piuttosto che perdere, visto che per me non c’è possibilità, faccio perdere gli altri”. Spetterebbe a chi guida le comunità aiutarli e a trovarne uno diverso, invece esecrano, a loro basta.
Del resto, perché uno dei maranza dovrebbe agire diversamente, non sente di avere alcunché da difendere o da perdere.
Nessuno pensa di essere portatore di indifferenza, ma è questa la vera emergenza e diventerà sempre più grave, perché funziona con la stessa logica dell’entropia in Fisica, aumenterà sempre più.
La realtà è seria, molto più seria, e ci siamo di mezzo tutti.
Un’insegnante mi racconta che nella sua terza media ci sono 22 ragazzi, di cui 18 di origini straniere e 4 italiani, ma non cade alla tentazione. “Dico ai miei colleghi riottosi che senza quei ragazzi saremmo tutti senza lavoro. Noi e le nostre famiglie dovremmo ringraziarli ogni santo giorno. È nel nostro interesse farli evolvere, renderli fieri di essere nostri concittadini”.
Le città sono pericolose, ma le famiglie che le abitano sono devastate da conflitti che travolgono i figli rendendone l’avvenire incerto. Un nucleo fragile incrementa i naturali sentimenti di inadeguatezza di tutti, mettendoli gli uni contro gli altri.
Non illudiamoci di risolvere i problemi appena accennati, quello dei maranza e quello dell’indifferenza, chiamandoli per nome. Abbiamo bisogno di altro, non possiamo più accontentarci di mestieranti che cercano di aprire botteghe nel cuore dei cittadini, alimentandone paure, risentimenti e mettendoli in conflitto, perché in un mondo bipolarizzato tra buoni e cattivi basta anche un incapace a occuparsi della collettività, mentre in una società popolata di esseri umani, ossia di eccezioni, servono guide illuminate e preparate.
Non sono ammessi improvvisatori.
Per chi desidera approfondire e può aprire la pagine, ecco la riflessione completa
https://tg24.sky.it/cronaca/2025/12/27/maranza-psicoterapeuta
Caro Domenico, sono rompiscatole, lo so. Ma questa frase, dell’insegnante che citi e che peraltro ha una posizione condivisibile con i suoi colleghi pigri, mi colpisce particolarmente. Certo non era intenzione dell’insegnante dirla così, estrapolata. È nel nostro interesse farli evolvere, renderli fieri di essere nostri concittadini”. Ma dentro di me sorge immediata la domanda: perché questo insegnante si esprime così? Forse noi, qui, siamo “evoluti”? Forse qui siamo fieri di essere cittadini di questo paese che arma i genocidii uccide i migranti e lascia aspettare l’assunzione di cittadinanza per un infinito numero di anni contro ogni promessa e aspettativa?
Forse un bambino che lascia alle spalle dei nonni che sanno le storie e la Storia del loro Paese, che trasmettono le loro usanze, la loro visione di bellezza, lasciano una scuola dove sa perfettamente fare i conti con l’abaco, è meno evoiluto dei nostri bambini che devono imparare a stare fermi in un banco per ore, ad essere performanti al massimo, ad imparare che c’è un metodo e uno solo per fare i conti, che il velo non ha senso, che il pensiero degli “altri” è meno importante, che “quelli che cosa hanno fatto nella Storia”, eccetera?
Forse, i maranza hanno anche qualcosa da dire di positivo. Soprattutto questo: la nostra presenza e la nostra storia potrebbe insegnare molte cose ai paesi “evoluti”. La vostra scuola è spesso più adatta a robot. Noi siamo ancora carne e vita. Forse qualcosa possiamo insegnare anche noi, se ci ascoltaste.
Con affetto Emanuela
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27 dicembre partiamo alla volta di Pesaro città della 5 M: musica mare motori montagne maiolica…
Entriamo al museo Benelli dove troviamo la storia di ciò che oggi sfreccia sulle nostre strade. La guida inizia a raccontare, i ragazzi 12, 13, 14 anni sono prevenuti, temo aria di indifferenza.. La guida tace, li guarda sorride…cambia … Ricomincia a raccontare toccandoli nelle emozioni. Ascoltano. L’indifferenza è divenuta curiosità, domande, interesse
Mi chiedo? Ma a questi ragazzi, dopo avergli dato una tiratina d’orecchio che ogni tanto dovremmo riprendere il coraggio di dare, dove li abbiamo toccati ?
È una domanda che mi lascio aperta nel pensiero e spero domani nelle azioni
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Una bella domanda, cara Virna, di cui si intravede la risposta. Grazie Virna, come sempre
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Concordo con articolo Domenico molto chiaro abbiamo bisogno di persone preparate e illuminati per guidare società ha proprio ragione e l’ indifferenza è tossica..
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Proprio così, l’indifferenza è tossica ma oramai sembra l’ingrediente prediletto da una larga parte dei gruppi umani. Un caro saluto
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