8 pensieri riguardo “Naufragio nello Jonio. Educare bambini, ammazzare bambini”
Caro Domenico si legge il suo articolo e se ne apprezza come sempre lo 《sguardo feroce e indulgente/ per non offendere inutilmente》(citando Battiato).
Poi si leggono le dichiarazioni del ministro dell’interno (e le minuscole sono intenzionali), la persona che per conto del nostro Paese avrebbe dovuto prendersi cura di quelle persone, e… e niente.
Ci sono una indifferenza, un giudizio gratuito, un disprezzo, una supponenza che sconvolgono e disgustano.
Le parole del ministro non sono una sorpresa, cara Giulia, questa è la cultura che abbiamo promosso con la nostra indifferenza, non è sorta da sola. Un caro saluto e grazie
Condivido che le sue parole e le sue considerazioni siano di tutt’altra levatura, rispetto a quelle del ripugnante e inumano ministro Piantedosi.
E poi apprezzo il taglio educativo della riflessione che ci propone, vale a dire non nascondere ai bambini queste notizie drammatiche, mentre di norma scegliamo di crescerli in un mondo filtrato e protetto.
Giusto invece che si impressionino, che ci chiedano il perché, che ci interpellino con la loro sofferenza genuina, che allenino la loro empatia (e magari anche la nostra), che resta il solo antidoto all’indifferenza e alla disumanita’ con cui la maggior parte di noi osserva distaccata una realtà oscena e intollerabile.
Caro Gianni, il ministro è il frutto perfetto della cultura, o dell’incultura, cui il Paese si è scientemente affidato.
Mi creda, non si tratta di ideologia, ma di semplice constatazione. A ottobre una persona mi disse di avere votato
in un certo modo perché nel suo condominio c’erano alcune persone che non pagavano le spese collettive. Purtroppo non saranno i condomini morosi a scontare le pene relative, lo abbiamo visto sulle coste calabresi chi paga.
C’è una struttura mentale precisa dietro a certe affermazioni, incapace di indurre i suoi portatori a porsi domande, loro credono di avere solo risposte, che sono sempre le stesse, piuttosto sbrigative quando ci sono di mezzo gli estranei: chi sbaglia paga, ma sulle ragioni per le quali uno sbaglia neppure uno straccio di domanda.
Secondo i rappresentanti di questo pensiero, se uno mi investe sulle strisce, non importa se gli si sono rotti i freni oppure era ubriaco, si ragiona a chili, la pena è uguale.
Il gioco funziona sino a quando non ci finiamo dentro in prima persona, le posso garantire che se su quella barca ci fosse stato il figlio del ministro o di un qualche dignitario governativo, la severità avrebbe ceduto il passo a sentimenti meno drastici.
Proprio perché non possiamo convivere con queste cadute di civiltà, diventa sempre più necessario educare con realismo i bambini, aiutarli a capire che ogni vita merita la stessa considerazione e che il suo valore non dipende dalla distanza, perché questo poteva essere vero migliaia di anni fa, quando abitavano nelle caverne e la difesa del territorio era una religione. Tuttavia pare che per alcuni, ministri compresi, il tempo non passi mai. Grazie di cuore.
I bambini hanno bisogno di chiarezza e realismo, ne hanno il diritto direi. Gli adulti tendono a voler “proteggerli” di fronte a temi che essi stessi fanno fatica ad affrontare: la morte, la malattia, la guerra. Eppure i bambini fanno domande e comprendono in modo lineare spiegazioni date con sincerità e coerenza. Lo sperimento a scuola ogni giorno. Più semplice, però, voltarsi dall’altra parte. Per la pace propria e altrui. E così appiattiamo l’intelligenza emotiva, la nostra e dei bambini. Ho ricevuto poco fa una mail da don Luigi Consonni che alle porte di Milano opera in un contesto non facile. Nella mail una poesia scritta da un poeta anonimo calabrese. Condivido. Con la stima di sempre.
SE FOSSE TUO FIGLIO…
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.
Vorresti che tutte insieme,
a milioni,
facessero da ponte
per farlo passare.
Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo,
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.
Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
te la prenderesti con il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.
Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
anche a rischio di odiare il mondo,
i porti pieni di navi attraccate.
E chi le tiene ferme e lontane
e chi, nel frattempo,
sostituisce le urla
con acqua di mare.
Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti,
perché una rabbia incontrollata potrebbe portarti
a farli annegare tutti nello stesso mare.
Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo.
E soprattutto sicuro.
Non è tuo figlio.
È solo un figlio dell’umanità perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.
Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo. Non ancora!
Cara Antonella, se aggiungessi solo una parola alla premessa e alla poesia, inquinerei una sorgente limpidissima.
Ringrazio lei, l’anonimo poeta, che in realtà è il palermitano Sergio Guttilla, e il sacerdote che si è fatto tramite.
Al ministro che accusa i genitori che migrano coi figli, fa il paio quell’altro che minaccia di sanzionare la preside che osa toccare la aggressione agli studenti dì liceo: semplicemente disgustoso
Sintetico e preciso, caro Mauro. Fai bene a rimarcarlo. C’è una cultura alla base, una visione dell’uomo, di cui quei comportamenti e quelle parole sono sintomi inequivocabili. Grazie
Caro Domenico si legge il suo articolo e se ne apprezza come sempre lo 《sguardo feroce e indulgente/ per non offendere inutilmente》(citando Battiato).
Poi si leggono le dichiarazioni del ministro dell’interno (e le minuscole sono intenzionali), la persona che per conto del nostro Paese avrebbe dovuto prendersi cura di quelle persone, e… e niente.
Ci sono una indifferenza, un giudizio gratuito, un disprezzo, una supponenza che sconvolgono e disgustano.
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Le parole del ministro non sono una sorpresa, cara Giulia, questa è la cultura che abbiamo promosso con la nostra indifferenza, non è sorta da sola. Un caro saluto e grazie
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Condivido che le sue parole e le sue considerazioni siano di tutt’altra levatura, rispetto a quelle del ripugnante e inumano ministro Piantedosi.
E poi apprezzo il taglio educativo della riflessione che ci propone, vale a dire non nascondere ai bambini queste notizie drammatiche, mentre di norma scegliamo di crescerli in un mondo filtrato e protetto.
Giusto invece che si impressionino, che ci chiedano il perché, che ci interpellino con la loro sofferenza genuina, che allenino la loro empatia (e magari anche la nostra), che resta il solo antidoto all’indifferenza e alla disumanita’ con cui la maggior parte di noi osserva distaccata una realtà oscena e intollerabile.
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Caro Gianni, il ministro è il frutto perfetto della cultura, o dell’incultura, cui il Paese si è scientemente affidato.
Mi creda, non si tratta di ideologia, ma di semplice constatazione. A ottobre una persona mi disse di avere votato
in un certo modo perché nel suo condominio c’erano alcune persone che non pagavano le spese collettive. Purtroppo non saranno i condomini morosi a scontare le pene relative, lo abbiamo visto sulle coste calabresi chi paga.
C’è una struttura mentale precisa dietro a certe affermazioni, incapace di indurre i suoi portatori a porsi domande, loro credono di avere solo risposte, che sono sempre le stesse, piuttosto sbrigative quando ci sono di mezzo gli estranei: chi sbaglia paga, ma sulle ragioni per le quali uno sbaglia neppure uno straccio di domanda.
Secondo i rappresentanti di questo pensiero, se uno mi investe sulle strisce, non importa se gli si sono rotti i freni oppure era ubriaco, si ragiona a chili, la pena è uguale.
Il gioco funziona sino a quando non ci finiamo dentro in prima persona, le posso garantire che se su quella barca ci fosse stato il figlio del ministro o di un qualche dignitario governativo, la severità avrebbe ceduto il passo a sentimenti meno drastici.
Proprio perché non possiamo convivere con queste cadute di civiltà, diventa sempre più necessario educare con realismo i bambini, aiutarli a capire che ogni vita merita la stessa considerazione e che il suo valore non dipende dalla distanza, perché questo poteva essere vero migliaia di anni fa, quando abitavano nelle caverne e la difesa del territorio era una religione. Tuttavia pare che per alcuni, ministri compresi, il tempo non passi mai. Grazie di cuore.
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I bambini hanno bisogno di chiarezza e realismo, ne hanno il diritto direi. Gli adulti tendono a voler “proteggerli” di fronte a temi che essi stessi fanno fatica ad affrontare: la morte, la malattia, la guerra. Eppure i bambini fanno domande e comprendono in modo lineare spiegazioni date con sincerità e coerenza. Lo sperimento a scuola ogni giorno. Più semplice, però, voltarsi dall’altra parte. Per la pace propria e altrui. E così appiattiamo l’intelligenza emotiva, la nostra e dei bambini. Ho ricevuto poco fa una mail da don Luigi Consonni che alle porte di Milano opera in un contesto non facile. Nella mail una poesia scritta da un poeta anonimo calabrese. Condivido. Con la stima di sempre.
SE FOSSE TUO FIGLIO…
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.
Vorresti che tutte insieme,
a milioni,
facessero da ponte
per farlo passare.
Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo,
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.
Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
te la prenderesti con il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.
Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
anche a rischio di odiare il mondo,
i porti pieni di navi attraccate.
E chi le tiene ferme e lontane
e chi, nel frattempo,
sostituisce le urla
con acqua di mare.
Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti,
perché una rabbia incontrollata potrebbe portarti
a farli annegare tutti nello stesso mare.
Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo.
E soprattutto sicuro.
Non è tuo figlio.
È solo un figlio dell’umanità perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.
Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo. Non ancora!
Anonimo calabrese
Crotone, 26 febbraio 2023
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Cara Antonella, se aggiungessi solo una parola alla premessa e alla poesia, inquinerei una sorgente limpidissima.
Ringrazio lei, l’anonimo poeta, che in realtà è il palermitano Sergio Guttilla, e il sacerdote che si è fatto tramite.
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Al ministro che accusa i genitori che migrano coi figli, fa il paio quell’altro che minaccia di sanzionare la preside che osa toccare la aggressione agli studenti dì liceo: semplicemente disgustoso
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Sintetico e preciso, caro Mauro. Fai bene a rimarcarlo. C’è una cultura alla base, una visione dell’uomo, di cui quei comportamenti e quelle parole sono sintomi inequivocabili. Grazie
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