Professoressa accoltellata, la violenza a scuola e l’arte di non porsi domande

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10 pensieri riguardo “Professoressa accoltellata, la violenza a scuola e l’arte di non porsi domande

    1. L’elusione, gentile Carmen, non è solo un termine utile a spiegare alcuni comportamenti fiscali, ma è quello che facciamo tutti i giorni davanti ai fenomeni che porterebbero a risposte scomode. Per questo evitiamo di fare domande.
      La ringrazio e le auguro una buona giornata

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      1. In tutta questa vicenda mi ha colpito al cuore una frase che ho letto sui giornali che risponde a un fatto semplice. La dichiarazione del padre che non sapeva delle 6 note disciplinari del figlio. Il gesto del ragazzo é terribile, ma più terribile è ciò che ha preceduto questo fatto. La semplice domanda che non si è posta la famiglia in un mondo scolastico dove tutte le comunicazioni e informazioni sono online su registro elettronico. Quanta solitudine e indifferenza ha preceduto questo episodio? Non credo ci siano alibi, Impossibile non sapere Impossibile nascondere per il ragazzo a meno che abbia le capacità informatiche di un hacker. Il mio non è un giudizio, é una costatazione, un chiedermi ma com’ é possibile? È molto difficile per noi genitori, ma questo fatto amplifica e ci sbatte in faccia la nostra incapacità di ascolto dei ragazzi. Quelle note avranno avuto un significato, sono delle domande, delle richieste che non sono state ascoltate…. comprese…mi dispiace molto dire queste cose, sono anche io una mamma di un adolescente e so quanto è difficile essere genitore. Le dico con dolore e rispetto. Sono anche una maestra e so quanto è complesso essere educatori in una società che non tollera l’ insuccesso, dove il modello proposto è sempre quello della perfezione. Rischiamo di creare mostri, non esseri umani.

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      2. Cara Antonella, a proposito di domande, la sua riflessione ne accende tante e ognuna di queste potrebbe generarne altre ancora. Ciò che posso dirle è che in questo gioco non vincerà nessuno, perché è il gioco stesso a essere sbagliato. Non c’è il cattivo con cui potersela prendere, perché il cattivo stesso si è impigliato nei medesimi equivoci in cui sono impigliati anche i presunti buoni. Nei giorni scorsi dicevo a un paziente consumato dalla velocità, che mi sembra una macchina dal consumo spropositato, un solo chilometro con un litro di carburante, con questo ritmo le risorse finiscono molto in fretta e siamo costretti a risparmare sul tempo dedicato a noi stessi, alle nostre relazioni, alle famose cose che contano. La velocità che uccide non è solo quella dei mezzi di trasporto, ma tutto ciò che accelara la nostra vita, a cominciare dal mondo interiore. Grazie per le sue parole.

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  1. ai genitori “insoddisfatti” per la “chiavica” suggerirei la lettura della poesia sui figli di Gibran Khalil, sempre che ne abbiano tempo …

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    1. Forse non è neppure colpa loro, caro Mauro, sono travolti come tutti dalla filosofia “incrementale” in cui il destino di ogni cosa è essere
      misurata, secondo criteri materiali, e se non è pari alle attese, è un “fallimento”. Facci caso, oggi l’insulto più sprezzante che si può rivolgere a una persona è “sei un fallito”. Una sentenza, peccato che il tribunale è incompetente o corrotto. Grazie

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      1. Esattamente. Per andare dove, lo scopriremo nella prossima vita. Intanto non dobbiamo restare indietro.

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  2. Articolo che genera mille domande, denso di contenuti su cui riflettere: dove rivolgiamo lo sguardo, la fretta che domina le nostre esistenze, la scuola specchio della società, la deresponsabilizzazione genitoriale, il senso di inefficacia che si istilla nei bambini/ragazzi, un gioco sbagliato che è una partita persa in partenza per come è impostata. Non ci sono parole da aggiungere sul comportamento dei genitori della ragazza, tra l’altro la sensazione alla prima lettura è proprio di sgomento. La fretta ostacola il nostro ascoltare e il nostro sguardo. E’ una minaccia da cui nessuno è esente. Non ci sono soluzioni calate dall’alto, credo debbano esserci azioni complementari e di sistema. Purtroppo vedo che sempre più precocemente si evidenziano distorsioni educative, la scuola deve pensare a tutto. Bambini della Scuola dell’Infanzia arrivano al loro debutto in società assolutamente privi di autonomie di base, i no non si danno perché faticoso e li si “ferisce”. Insomma la partita inizia già con un considerevole svantaggio per i giocatori, mentre sugli spalti si costruiscono visioni senza chiederci che allenatori siamo stati/siamo.
    Grazie Domenico, con stima
    Antonella Alia

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    1. Poco da aggiungere, cara Antonella, siamo all’inizio di una grande mutazione, educare sarà sempre più complicato, non per questo meno bello, si tratta di capire se sopravvivrà la relativa vocazione, con tutti i necessari allegati, a cominciare dal coraggio di accettare l’impopolarità che deriva dal prendere posizione. Grazie

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