Un mini Pianeta, sempre più piccolo, per le persone comuni

Fare la spesa al supermercato per me è rilassante, non devo controllare in modo ossessivo tutti i prezzi, posso distrarmi senza rovinarmi la giornata, ma mi muovo tra persone molte delle quali non possono prenderla così sportivamente. 

Stamattina, nei pressi dell’uscita, incrocio una coppia sui sessanta, e prima ancora due uomini sulla quarantina intenti a chiacchierare. Mi colpisce la loro dentatura rovinata, con vistosi vuoti. Un mese prima, in vacanza, mi era accaduto di essere servito da due camerieri, bravissimi, gentili, professionali. Tutti e due avevano la bocca rovinata. Con uno dei due, nei giorni successivi, avevo intrecciato un ottimo rapporto. Una dignità invidiabile, sposato, due figli, uno all’università, uno alle superiori, lo stipendio bastava appena per la sopravvivenza. Sistemarsi i denti è un lusso per molti, e non è il solo, nel frattempo in Lombardia è appena stato aperto un pronto soccorso privato, a pagamento. Inique selettività, che diventano progressivamente abitudini.

Viaggiamo nello stesso segmento di tempo, ma il Pianeta terra per me è grande quanto la sua estensione geografica, perché ogni singolo chilometro costa e il sottoscritto può comprarsi più chilometri delle persone elencate sinora. Quindici anni fa ero ospite di un convegno dedicato alla qualità della vita tra le persone anziane, avevo esordito ricordando proprio tali ovvietà, ossia che le dimensioni della Terra dipendono dalla capacità di comprarsi dei chilometri con un mezzo di trasporto. Dunque, le misure del pianeta non sono oggettive, dipendono dal reddito di ciascuno. 

Il pubblico aveva apprezzata, a differenza di un noto economista e parlamentare, il quale aveva raccontato di essere sempre stato un ammiratore di Leonidail grande guerriero spartano che alla testa di trecento valorosi fermò l’enorme esercito di Serse, re di Persia, al passo delle Termopili. “Ebbene io non sono mai stato alle Termopili e non mi sento diminuito per questo. Non è detto che tutti debbano andare dappertutto”. Avevo trovato cinico questo passaggio, ne avevo parlato in un volume, ricordando che in occasione di quel convegno, il sottoscritto, come immagino gli altri relatori, aveva viaggiato in prima classe, era stato alloggiato in uno dei migliori alberghi di Roma e, per ripetere delle cose che sapeva a memoria, gli era stata corrisposta una cifra vicina a quella che la maggior parte dei pensionati percepiscono alla fine del mese. 

Quindi alle Termopili potevo andarci quando mi pareva, magari a spese degli altri. Facile suggerire viaggi virtuali o di fantasia quando noi possiamo permetterci quelli reali e pure gratis. 

Quel politico, come accade a molti suoi colleghi, aveva smesso di guardare sono il tappeto, dove si annida tanta polvere. Per molti di loro è un gioco, per lo più di parole.   

Un discorso quanto mai attuale anche nella mia professione, che rischia di diventare selettiva escludendo proprio i bisognosi. Credo sia giusto fare pagare il dovuto a chi è nella possibilità di onorare l’impegno senza sfiancarsi economicamente, disegnando parcelle su misura a chi è in precario equilibrio, ogni professionista può regolarsi secondo le proprie entrate, non è complicato. Non ci sono obblighi, ovviamente, ma se non ci faremo carico della nostra quota di responsabilità sociale non ci saranno bonus che tengano, perché troppo grande è la sproporzione tra i bisogni della collettività e la capacità di coprirne i costi. 

In attesa che il mondo diventi più giusto, e non succederà domani, possiamo, anzi dobbiamo, supplire.

7 pensieri riguardo “Un mini Pianeta, sempre più piccolo, per le persone comuni

  1. Caro Domenico, pochi mesi fa un cliente mi ha chiesto se potevamo rimborsargli la parcella del pronto soccorso privato in cui era stato portato suo figlio dopo un incidente sugli sci: €672 per visita, RX e tutore ad un polso. Questo a Castelrotto (BZ), non in Svezia, senza possibilità di scegliere un’altra struttura. L’ho trovato rivoltante prima ancora che vergognoso.
    Certo queste persone si potevano permettere di essere in vacanza, ma credo che il trattamento sia uguale per tutti.
    Poi penso a diversi parenti anziani: chi pensionato al minimo, che essendo incapiente non può scaricare i colliri (costosissimi) che deve usare da anni causa diversi interventi agli occhi; chi, pur con una pensione dignitosa, si è trovato inaspettatamente il conto corrente svuotato da un anno di cure dentistiche inaspettate ed urgenti (ovviamente private).
    Sanità ed istruzione universali e gratuite sono uno dei segnali di civiltà di un paese.
    Noi ce ne stiamo allontanando lentamente nell’indifferenza generale, un indifferenza non tanto di percezione (chi ci casca o chi come lei ha gli occhi aperti se ne rende perfettamente conto) ma di azione, nella convinzione che le nostre scelte e azioni non contino nulla e non possano fare la differenza.

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    1. Cara Giulia, nei quarant’anni che mi separano dalla prima volta che mi sono trovato davanti a un paziente, qui in Lombardia, sono cambiate tante cose. Meno male, tutto si muove verso il futuro, eppure, detto senza volere calcare la mano, l’impressione è che sia cambiato anche il rapporto tra noi e il mondo, animato e inanimato, ma stavolta non dipende solo dal tempo che passa, sta succedendo qualcosa cui non riesco neppure a dare nome. Sto cercando di fare chiarezza e mentre lo faccio scrivo quello che potrebbe essere il mio ultimo libro. Se penso al primo, uscito più di trent’anni fa, posso misurare lo scarto tra allora e oggi. Ma non voglio trarre conclusioni, preferisco sperare ed agire, affinché la parola cambiamento assuma il suo significato più nobile e positivo. Certo, nel momento in cui la salute è diventato il business per eccellenza, non è solo cambiato qualcosa, ma si è rotto un patto, si sono riscritte graduatorie, si è cambiato tavolo da gioco. Grazie e un caro saluto

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      1. Ha detto bene, Domenico: si è rotto un patto.
        Mentre leggevo il suo articolo mi era venuto in mente che l’ex presidente francese Hollande, socialista, chiamava i poveri spregiativamente «les sans dents». Credo colpisca così tanto perché nei denti si sommano salute ed estetica; un fegato o un rene compromessi possono rimanere affari nostri, i denti no, segnano la vita sociale, la mimica. la propensione a parlare e a sorridere, oltre che condizionare l’alimentazione.
        Le auguro buone riflessioni per il suo libro.

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      2. I denti non si riparano per due ragioni. Raramente per paura dei ferri del dentista. Quasi sempre per difficoltà economiche. A nessuno piace andare in giro coi denti gialli e con delle finestre in bocca, se accade è doppiamente umiliante, dovrebbe esserlo anche per chi i denti se li può curare. Grazie per questi pensieri

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  2. Domenico carissimo,
    osservo anch’io con dolore queste disparità che da molti anni aumentano, misurando la riduzione del grado di civiltà della nostra comunità.
    Dagli anni ’80 con lo yuppismo e dagli anni ’90 col berlusconismo, ci siamo lasciati persuadere di poter essere felici da soli, tant’è che l’aggettivo “esclusivo” (che esclude), a me risulta repellente ma comunemente indica qualcosa di ambito.

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    1. Quando in una società vi troppe differenze di potenziale succede qualcosa, si tratta di capire cosa.
      Oramai mi pare un braccio di ferro tra soddisfatti, che comandano, e insoddisfatti, che subiscono. Nel mio lavoro questo si vede in presa diretta, si percepisce una direzione di marcia che dovrà trovare una meta, uno sbocco. Forse speriamo che tutto si risolva spontaneamente, ma temo non accadrà, soprattutto se ognuno di noi pensa che sia un problema che non lo riguarda. Un caro saluto

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