Una psicologia che attraversa le strisce pedonali

Stamattina sono uscito di casa al solito orario, intorno a me persone di ogni età, trafelate, intente a raggiungere un luogo di lavoro o qualche altra meta impegnativa. Di fronte a queste scene, non saprei perché, in automatico mi vengono in mente la politica e la psicologia, mi chiedo se c’entrano con quelle formichine prese da mille pensieri reali, che non possono fermare treni a piacere per scendere dove gli pare e non possono neppure parlare di mitologia mentre si accarezzano la barba.

È accaduto anche a Matera, venerdì 24 novembre. Sono stato immerso, da mattina a sera, nella realtà tridimensionale, grazie a una serie di incontri con bambini, ragazzi, adulti. 

Con un’interruzione, però. Dalle 10 alle 10,30 circa, ospite di un’emittente nazionale. 

Insieme a una giornalista pacata e brava, si parlava di Giulia e di Filippo. 

Mentre attendevo il mio turno, avevo ascoltato la coda del dibattito tra politici che mi precedevano. Alieni rispetto ai ragazzi che avevo appena salutato in una scuola professionale, quindicenni sulla soglia delle responsabilità. Alieni anche rispetto ai ragazzini della scuola media che avrei visto dopo, e anche dai cittadini di Matera, incontrati alla fine della giornata. 

Mi chiedo cos’è che lega la politica alla realtà minuta dei cittadini, mi domando cosa c’entrino con la vita delle persone i due politici in studio, che la pacatezza delle domande della giornalista faceva apparire lontani e inadatti, almeno ai miei occhi smaliziati.

Quando è iniziato il blocco del quale ero ospite, mi sono riallacciato proprio a quei signori, facendo presente che parlavano senza rendersi conto di essere i principali responsabili del disorientamento nel quale sono immersi gli educatori e i giovani. 

Loro, i politici, favoriti da un ascensore sociale di inaudita facilità, pensano ai loro affari, raccomandano figli e parenti, mortificando gli sforzi di genitori che rinunciano a tutto per vedere la prole laurearsi. Prepotenze ripetute e sistematiche dalle quali quasi nessuno di loro è immune, e che “educano”, in modo rovinoso ma educano, anzi diseducano.

La politica è la prima forma di pedagogia di un paese e come ogni pedagogia non può che essere testimoniale, ossia parlare coi comportamenti. È il più grande diseducatore delle comunità, un diseducatore persistente che si illude di cambiare le cose scrivendo delle leggi, ma non capisce che nessuna legge potrà mai essere rispettata se i comportamenti dei legislatori la smentiscono. 

La giornalista, sempre gentile e preparata, mi pone alcune domande, cerco di rispondere stabilendo dei nessi tra la vicenda di Giulia e Filippo e il pavimento sul quale siamo appoggiati, premesse indispensabili, a cominciare dalla virtualizzazione della realtà, che sembra avere deformato la struttura emotiva di tutti noi, come il cinismo “meccanico” di Filippo e tanto altro lasciano intendere.

Non fa di meglio la psicologia, a cominciare dalla psicoanalisi, nata in epoca vittoriana, quando ancora si andava con la carrozza a cavalli e ci si illuminava con le candele, che non attraversa quasi mai quelle strisce pedonali. Dovrebbe osservare l’oggi, atterrare in questi giorni, leggerli nella loro specificità, ricordandosi che la materia con la quale si modella la personalità non è la stessa del passato e che dunque l’esito non può essere sovrapponibile. Un conto è vivere ai tempi dei miti, lenti, compassati, agresti, un conto è schizzare come fulmini senza avere il tempo di salutarsi, perché bisogno sempre fare qualcosa in più del giorno prima.

La psicologia deve stare in “questa” realtà, osservandola, lasciando perdere le figurine della mitologia, solo così potrà capire l’essenza della tragedia di Giulia e Filippo, che non è quella di Giulietta e Romeo, nemmeno quella di Cesare e Cleopatra, ma una manifestazione specifica di questi tempi, sui quali sembriamo tutti in ritardo, a cominciare proprio dagli attori della psiche, presenti oramai in abbondanza ma rappresentati nell’immaginario collettivo da piccoli Socrate che, come diceva l’addetta stampa della mia casa editrice, spesso non sanno neppure prendere la metropolitana.Giulia e Filippo, due vite gettate via, per ragioni opposte, ci invitano a tornare in mezzo alle persone vere, lasciando perdere le nostre percezioni soggettive o i mondi ideali. Sarebbe quello il nostro posto, magari senza invocare cachet da divi, mettendosi a disposizione a seconda delle condizioni, altrimenti diventiamo selettivi, ossia ingiusti, complici del malessere che ci sovrasta.     

2 pensieri riguardo “Una psicologia che attraversa le strisce pedonali


  1. GRAZIE dott. Barrilà, questi spunti di riflessione toccano sempre quella corda da accordare e che accordandosi permette di far risuonare azioni concrete. Ciò che ha scritto lo sento vero, vero, vero. Stando con bambini/e, ragazzi/e e soprattutto con gli adolescenti, ascolto in loro, la verità delle sue parole. GRAZIE per avermi messo quella ‘sana inquietudine’ che fa bene. Con riconoscenza.

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    1. Grazie a te cara Virna, il punto è che mancano le domande, noi pretendiamo di avere sempre delle risposte, soprattutto quando crediamo che la corazza della professione ci renda immuni dai dubbi. Ti ringrazio ancora per le tue parole

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