2 pensieri riguardo “Amare la scuola affinché aiuti tutte le Giulie del mondo”
Avrà notato anche lei, dottore, una notizia proprio di questi giorni che riguarda una scuola e, indirettamente, Giulia Cecchettin. In un tema scolastico che traeva spunto dalla drammatica vicenda di Giulia, una ragazza ha trovato modo e occasione per raccontare lo stupro subito da un compagno.
Nella mia professione, a contatto con i servizi sociali di molti comuni, registro che numerosi sono i casi nei quali si fa luce su situazioni di abuso familiare o maltrattamento o assenza di cure o comunque disagio, proprio grazie alla scuola. E non solo perchè, come nel caso raccontato prima, bambini o ragazzi trovano un contesto che li incoraggia a vincere la ritrosia, la paura, il senso di colpa e a raccontare l’indicibile, ma anche perchè spesso sono gli stessi insegnanti che hanno l’occhio – e il cuore – allenato a saper cogliere indizi, segnali più o meno manifesti di disagio, di fatica, di sofferenza.
La scuola può essere un luogo salvifico, un campanello d’allarme che consente interventi riparatori e preventivi, come in questi casi si dimostra, ma va incoraggiata anche in questa funzione e in tal senso la formazione è determinante, prima ancora che sulle competenze digitali e sulla innovazione metodologica e didattica, proprio sui temi educativi e pedagogici.
Lei coglie il cuore del problema, perfettamente. La scuola è un frangiflutti indispensabile, occorre rinforzarlo abbandonando l’abitudine di giudicarlo o, peggio, di demolirlo. Le aule e i suoi corridoi, sono grandi rivelatori di fragilità e di sofferenze, ma soprattutto un luoghi, tra i pochi rimasti, dove si può discutere guardandosi in volto, dove la ragione può fare da moderatore alle emozioni incontrollate che agiscono sui social.
Le parole dell’insegnante citato nel post, sono una grande opportunità di riflessione, occorre ascoltare chi insegna, soprattutto chi prende a cuore la scuola e non la considera solo un lavoro, in questa chiave valutare gli insegnanti e retribuirli anche per la grande funzione sociale, non è solo un modo di dire. Un carissimo saluto
Avrà notato anche lei, dottore, una notizia proprio di questi giorni che riguarda una scuola e, indirettamente, Giulia Cecchettin. In un tema scolastico che traeva spunto dalla drammatica vicenda di Giulia, una ragazza ha trovato modo e occasione per raccontare lo stupro subito da un compagno.
Nella mia professione, a contatto con i servizi sociali di molti comuni, registro che numerosi sono i casi nei quali si fa luce su situazioni di abuso familiare o maltrattamento o assenza di cure o comunque disagio, proprio grazie alla scuola. E non solo perchè, come nel caso raccontato prima, bambini o ragazzi trovano un contesto che li incoraggia a vincere la ritrosia, la paura, il senso di colpa e a raccontare l’indicibile, ma anche perchè spesso sono gli stessi insegnanti che hanno l’occhio – e il cuore – allenato a saper cogliere indizi, segnali più o meno manifesti di disagio, di fatica, di sofferenza.
La scuola può essere un luogo salvifico, un campanello d’allarme che consente interventi riparatori e preventivi, come in questi casi si dimostra, ma va incoraggiata anche in questa funzione e in tal senso la formazione è determinante, prima ancora che sulle competenze digitali e sulla innovazione metodologica e didattica, proprio sui temi educativi e pedagogici.
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Lei coglie il cuore del problema, perfettamente. La scuola è un frangiflutti indispensabile, occorre rinforzarlo abbandonando l’abitudine di giudicarlo o, peggio, di demolirlo. Le aule e i suoi corridoi, sono grandi rivelatori di fragilità e di sofferenze, ma soprattutto un luoghi, tra i pochi rimasti, dove si può discutere guardandosi in volto, dove la ragione può fare da moderatore alle emozioni incontrollate che agiscono sui social.
Le parole dell’insegnante citato nel post, sono una grande opportunità di riflessione, occorre ascoltare chi insegna, soprattutto chi prende a cuore la scuola e non la considera solo un lavoro, in questa chiave valutare gli insegnanti e retribuirli anche per la grande funzione sociale, non è solo un modo di dire. Un carissimo saluto
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