Sulla strada indizi della nostra personalità e della nostra vita

Quando le azioni ripetitive diventano parte di noi, smettiamo di prestarvi attenzione, eppure sono proprio loro a dire chi siamo e come viviamo, sono quelle a determinare la nostra vita e quasi tutto quello che accade a noi e agli altri.

https://tg24.sky.it/cronaca/2024/03/08/incidenti-stradali-educazione-pericoli

6 pensieri riguardo “Sulla strada indizi della nostra personalità e della nostra vita


  1. Ha ragione lei, dottore, e la sua riflessione è illuminante.

    Nella quasi totalità dei casi non è la strada, il problema, ma siamo noi e quel passeggero invisibile ospite fisso e ormai quasi ineluttabile nelle nostre esistenze. Non solo nell’abitacolo di un veicolo, ma in ufficio, in azienda, in ogni luogo di lavoro, e anche fra le mura domestiche o nei luoghi del “così detto” tempo libero. Che pure diventa schiavo dei tempi contingentati, non voglio sembrare dissacrante, rispetto alla tragedia immane delle vittime della strada, ma penso ad esempio alla smania del “far stare” un allenamento in palestra  o in piscina nella ‘pausa pranzo’, figlia dello stesso ritmo di vita, a duecento all’ora. 

    La fretta, l’accelerazione, la frenesia di uno stile sempre più performante e disumanizzante, in cui l’errore umano, in auto, in un pronto soccorso, in un’aula giudiziaria, in un ufficio pubblico, in una fabbrica, diventa fisiologico, quasi naturale proprio perchè innaturale è il modello di società che lo produce. 

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    1. Lei non immagina, caro Gianni, quale ruolo stia giocando la velocità nel processo di nevrotizzazione delle persone in carne e ossa. Ieri mi sono recato alle porte di Bergamo per una commissione urgente, è stato come se tutto il traffico del mondo fosse precipitato su quelle strade in quel preciso momento. Ore per fare cose che avrebbero richiesto minuti. Per me è stato un caso, uso poco la macchina, solo quando è necessario, quindi mi posso permettere anche ore di coda, ma il più pensiero e la mia solidarietà non potevano che andare a chi quella punizione la subisce tutti i giorni, lasciando per strada ore, settimane, mesi, anni di vita. Ci sono tanti modi per morire, forse i più importanti non sono censiti. Un caro saluto

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      1. Caro Domenico, ho letto il tuo articolo poco prima di mettermi in macchina e ci ho riflettuto nei duecento chilometri di autostrada che ho percorso.

        Ora sto per tornare e i pensieri sono tornati alle tue ottime riflessioni.

        Permettimi un’aggiunta: da quando ho avuto un figlio mi si è acuita la sensibilità per gli incidenti totalmente evitabili. Perché sì, ce ne sono e sono tra i peggiori in quanto ad esito.

        Intendo gli incidenti, anche piccoli, che coinvolgono bambini lasciati liberi in auto, messi nei seggiolini ma senza cinture o tenuti in braccio (notizia per i molti che credono sia lecito: è vietato da almeno quindici anni; e la cintura è obbligatoria per tutti, anche nel sedile posteriore, da più di trenta).

        È una questione di Fisica: il peso di un corpo in caso di frenata si moltiplica in funzione della velocità. La nonna che “lo tengo stretto io” non si rende conto che il nipotino di dieci chili in movimento può pesarne anche duecento.

        Ho presente il caso doloroso di una famiglia dimezzata da un incidente così, una mamma ed un bambino trasformati in proiettili. Ci sto male ogni volta che penso, a loro, al padre (guidatore cinturato) che si è fatto pochi graffi e al fratellino che era casa.

        Ecco: le leggi ci sono, per una volta sono semplici, basterebbe educarsi ed educare a rispettarle. 

        Nella mia esperienza i genitori che usano e fanno usare sempre le cinture hanno figli che non si sognano di discutere di stare allacciati nel seggiolino.

        Come dici sempre, l’esempio.

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      2. “Incidenti totalmente evitabili”, questa espressione è la chiave di tutto il ragionamento, perché ricorda che, salvo eccezione possibili, siamo noi umani a determinare i guasti che vediamo succedersi intorno a noi, forse siamo troppo piccoli per evitare le guerre, ma di sicuro c’è una scala sulla quale possiamo dire la nostra.
        Ricordo che diversi anni fa avevo chiesto a una mamma se si era accorto che il figlio non portava il casco sul motorino. Mi aveva risposto: “Fa caldo”.
        Un caro saluto e grazie

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  2. Grazie Domenico, il suo articolo inquadra la drammaticità di eventi legati alla strada, ma prima ancora connessi ad uno stile di vita alienante, che toglie il qui ed ora, che spinge ad andare sempre più oltre:oltre il rispetto di sé e degli altri. Forse se ne ha consapevolezza, ma tanto è così che si deve fare, che la vita di oggi ci porta a fare. Così si sfidano i propri limiti. Mettersi in auto é come impugnare un’arma se non hai rispetto delle regole e degli altri, se non hai educazione. La velocità domina le nostre vite e le stravolge, ma in strada tutto é amplificato perché veicoli sempre più performanti, ritmi pressanti e regole di buonsenso facilmente trascurate da molti rappresentano elementi di una tempesta perfetta che può arrivare da un momento all’altro.

    Grazie, cordiali saluti

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    1. Konrad Lorenz parlava di “aggressività ridirezionata”, come quando andiamo allo stadio e ne diciamo di tutti i colori a chiunque, in un luogo dove la violenza verbale è tacitamente ammessa. La strada è come la linea del fronte in una guerra, sembra sia lecito anche uccidere, come sa solo di rencente è stato introdotto il reato di omicidio stradale, fino a poco tempo fa era quasi impossibile andare in prigione per reati commessi sulla strada. Abbiamo fatto dei progressi, certo, ma una decina di morti e seicento feriti ogni 24 ore, molti dei quali gravi o
      gravissimi, restano un peso intollerabile. Un caro saluto

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