Il mondo ribolle di violenza ma gli adulti non riescono a mettersi davanti allo specchio e ammettere le loro responsabilità, in compenso sono bravissimi a trovare capri espiatori, in questo caso caricando sui ragazzi i propri lati oscuri.
Vi propongo un’intervista sul tema uscita qualche tempo fa, sebbene in questo momento, non troppo diverso da altri, in cui ogni giorno spunta una nuova minaccia e si rivelano nuovi orrori, limitarsi a riflettere non è sufficiente.
Appena letto l’oggetto della mail confesso di aver istintivamente pensato si riferisse a quanto accaduto nel Carcere minorile Beccaria di Milano, a quel fermo immagine (perché il video intero non sono riuscita a guardarlo) di uno dei pestaggi.
Qui, dove davvero i bulli non sono i ragazzi, mi sforzo di capire quanto inadeguati si devono sentire questi adulti ma ti assicuro che fatico.
Hai fatto bene a riproporre questa intervista: mettendoci davanti alla violenza dell’indifferenza quotidiana, familiare e scolastica ci obbliga a vedere il Beccaria non come un territorio alieno ma come l’ortaglia attaccata al giardino di casa.
Grazie.
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Il problema, cara Giulia, è molto più serio di quanto appaia, e si nasconde dietro la pretesa di attribuire alle nuove generazioni molti dei disastri apparecchiati dagli adulti. C’è uno sfacciato spostamento di responsabilità, insopportabile e ipocrita, che lo Stato cerca di risolvere a manganellate, ma il vero dramma pedagogico di oggi è che noi adulti abbiamo creato le premesse di un mondo invivibile e l’unica risposta che abbiamo è prendercela con le vittime. Grazie a te
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Caro Domenico, condivido quello che scrivi. Sembra che quello dei ragazzi sia un mondo a parte, formatosi chissà come, anziché il prodotto dei comportamenti adulti. Mi vengono in mente le conclusioni di tante perizie sui minori , nei casi di separazioni dei genitori, che decretano la necessità di percorsi psicoterapici per loro, anziché per i genitori, che con i loro atteggiamenti, la loro conflittualità, la loro incapacità di essere punti di riferimento validi sono i demiurghi delle difficoltà dei loro figli.
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Non immagini quanto queste parole mi tocchino. Ne parlavo nel post di una decina di giorni fa, riferendomi a un bambino devastato dalla rissosità dei genitori separati, ma messo in terapia, contro ogni logica, con lo scopo di riparare un ipotetico disturbo dell’apprendimento. Chissà che non si possa ottenere un sostegno per lui, alleggerendo il lavoro delle maestre e la coscienza dei genitori.
Come se le manifestazioni del comportamento dei bambini non avessero una storia chiara, leggibile.
Il modo in cui regoliamo questi conti nasconde una grande violenza, orchestrata dagli adulti, che sembrano spalleggiarsi con l’incoscienza di chi non comprende o non vuole vedere la gravità delle conseguenze.
Se non si verificherà una ribellione -che può partire soltanto da solide coscienze professionali e genitoriali- i bambini diventeranno, in realtà lo sono già, un’immensa foglia di fico sulla violenza e sulle omissioni di chi dovrebbe tutelarli, ossia madri, padri e professionisti.
Tuttavia, non ci sono da temere brutte figure, basterà dare la colpa ai bambini e ai ragazzi, questo non risolverà i problemi, ma terrà all’asciutto le barchette dei veri responsabili, gli adulti, che scrivono la storia a modo loro. Falsificandola. Un caro saluto
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Quanto ha ragione, dottore.
Piace etichettare il bullismo come un “fenomeno giovanile” così come generalizzare e dividere l’umanità in categorie – destini sociali: i giovani, le donne, gli anziani, privando ciascuno della sua individualità e specificità.
Ma ha ragione anche a ricordare che il fenomeno “bullismo” è pervasivo e il mondo adulto ne è la puntuale personificazione. Penso ai politici che per fare colpo vomitano parole d’odio e di discriminazione, così come a quelli che anziché cedere il passo a energie più nuove e fresche, che ci sono, continuano a imporre la propria presenza, penso alle sgomitate per fare carriera nelle gerarchie di molte organizzazioni sociali, laiche e religiose che siano, penso alle manganellate agli studenti che manifestano contro il genocidio a Gaza e anche al “politicamente corretto” di chi non vuole parlare in quel caso di genocidio, e ovviamente penso alle violenze nelle carceri (ultime quelle al Beccaria, ma il numero di suicidi, nelle prigioni italiane, è indice di una condizione carceraria patologica). E, oggi che è il primo maggio, penso alla strage dei morti sul lavoro, uno ogni otto ore, sovente frutto del bullismo prepotente di imprese che, nella lunga catena dei subappalti, lucrano sui diritti dei lavoratori per fare un profitto maggiore.
Il bullismo del mondo adulto sfila ad ogni telegiornale, torna in ogni notiziario, trasuda da ogni pagina di cronaca. Chiaro che anche alcuni fra i più giovani lo respirino e ne siano condizionati, anche se, ancora una volta, agli ipocriti del “politicamente corretto” fa comodo rubricare questi comportamenti come “questione giovanile”.
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Caro Gianni, la questione giovanile in realtà nasconde una grave questione adulta, come lei sottolinea bene. Spostare su un falso bersaglio resposabilità che, chiaramente, sono in capo a noi stessi sta creando enormi confusioni e alimentando un mercato altrettanto enorme, quello del presunto disagio giovanile. Vorrei domandarmi quali sono le ragioni per le quali oggi gli esseri umani, tutti indistintamente, non dovrebbero sentirsi a disagio. Miseria, disparità sociali ed economiche, ingiustizie che annientano vite quotidianamente, sfregio senza limiti dell’ambiente, animali trattati come oggetti e asserviti ai nostri bisogni con metodi barbari. Per fortuna che almeno i giovani provano qualche imbarazzo, mentre gli adulti sembrano guardare dall’altra parte. In tutti gli ambiti. La questione adulta è molto seria, caro Gianni, il fatto che cerchiamo di trasformarla in questione giovanile ci dice che non vogliamo neppure sentirne parlare, rendendo la presa di coscienza sempre più lontana mentre le cosenguenze sono già sotto il nostro naso. Un caro saluto e grazie
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