Papà Turetta. Nessun consiglio per lui

Nell’arena in cui si è trasformato il mondo, le tracce di umanità diventano sempre più esigue. Stavolta è stato ferito un padre che cercava, come avrebbe fatto ciascuno di noi, di tendere la mano a un figlio perduto.

https://tg24.sky.it/cronaca/2024/08/01/papa-turetta

14 pensieri riguardo “Papà Turetta. Nessun consiglio per lui

  1. Sono completamente d’accordo con le tue considerazioni
    Corriere della Serva….non della Sera
    E i magistrati cosa pensavano di ricavare di nuovo da queste intercettazioni?
    Ma del dolore dei genitori di Turetta non importa niente a nessuno
    Ciao Domenico

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  2. Caro dottore,
    Lei ha dato in modo egregio forma – e sostanza – alle mie sensazioni.
    Confesso che di primo acchito quelle parole mi hanno colpito, e lo ammetto, anche un poco indignato.
    Tuttavia poi le ho lasciate metabolizzare e mi sono posto la sua stessa domanda, se mi fossi trovato mio figlio, di fronte, in un contesto così ‘disperante’ cosa avrei detto? E la risposta è una, più o meno quelle frasi senza senso e senza domani, per scongiurare una ulteriore catastrofe.
    Il punto, semmai, sta a monte, non in quel colloquio, ma in quelle competenze genitoriali, da affinare in casa Turetta cosi come in moltissime nostre famiglie, rispetto agli “indizi” di cui lei parla, quelle premesse rispetto a cui devono scattare obiettive attenzioni, osservazione critica, assenza di giustificazioni, richiesta di aiuti competenti, per una vera azione preventiva, perché un femminicidio ogni 72 ore è una emergenza collettiva, che deve interpellarci tutti.

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    1. Carissima o carissimo, non vedo il nome, lei, come tutte le persone ragionevoli, va oltre le sensazioni immediate, quelle che fanno mercato ma non fanno civiltà. Quando trova un minuto vada a cercare i due post che parlano del femminicidio di Giulia, troverà ulteriori punti di incotro.
      La ringrazio molto e le auguro una buona serata.

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  3. Ho pensato cose molto simili alle tue, Domenico. Trovo inaccettabile che un colloquio così intimo e privato sia stato dato in pasto a tutti. E trovo inaccettabile l’ergersi a giudice di tutta una folla fatta di odiatori. Penso anche che sia giusto che i genitori facciano i genitori e continuino ad amare un figlio, nonostante tutto. Alla gente sembra non bastare mai la sofferenza altrui. E l’incapacità di astenersi dall’azzannare chi è ferito fa paura. Grazie del tuo scritto

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    1. Carissima Annamaria, sembra che l’eccezione siano le persone che la pensano come te. La normalità è in minoranza e i gladiatori del web, che spesso ne sono così lontani da apparire creature aliene, sembrano prendere campo. Ma non perdiamo la speranza, alla fine vincono sempre “i buoni”, si tratta di capire a quale prezzo.
      Annamaria Manzoni, autrice di questo commento, è una collega che adora tutto ciò che vive, senza discriminazioni, a cominciare dagli animali, solo pochi giorni fa è uscito per Bompiani un suo bellissimo volume, che consiglio caldamente, non perché lei abbia bisogno di pubblicità, ma perché fa bene leggere ciò che dice. Il titolo è “NOI ABBIAMO UN SOGNO. Dall’oppressione alla liberazione degli animali”.
      Un abbraccio, cara Annamaria, e grazie per le tue parole.

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  4. L’età dei Signori ragazzi Turetta e Ceccon è simile all’età dei miei figli e rispettivi amici. Difficile rimanere indifferenti alle loro azioni come genitore. Il primo per la tragedia che ha portato in casa. Tutti noi genitori ci siamo detti: ‘dobbiamo accettare i nostri figli per quello che sono’, ma questo scenario nessuno di noi lo ha mai messo in conto. Ne sono sicura. Una tragedia che non ha parole e quelle dette sono tutte inadeguate. Solo i professionisti come lei possono dire qualcosa.
    Per quanto riguarda Ceccon ho riletto bene la sua riflessione. Sono andata a cercare la storia di quella frase, come se mi fosse in qualche modo familiare e non così ostile, e ho avuto una sorpresa più grande: altre frasi simili usate dai fascisti le ho sentite fin da bambina, nonostante i genitori fossero fortemente antifascisti, anzi abbiano raccontato in mille modi la violenza della dittatura e della guerra. I miei genitori, hanno assorbito, il pensiero fascista che ben si modellava sulle loro vite: giovani forti sprezzanti pieni di desiderio di cambiamento del futuro.
    Quindi a mia volta porto dentro, a mia insaputa, una parte di quel pensiero.
    Pensiero che si sta facendo strada nei ragazzi. Ho ascoltato parole e ho visto foto che vanno in questa direzione. Ne ho parlato con una mamma collega e mi dice : ‘ certo i ragazzi sono tutti fascisti’.
    Diventa difficile pensare che in una società multirazziale come la nostra si stia facendo sempre più strada un pensiero intollerante per tutto: genere, razza, religione.
    Mi sento molto coinvolta come genitore e adulto.

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    1. Carissima (o carissimo), ieri sera, di getto, ho scritto un articolo per il quotinano Today, che come sa è declinato in tante edizioni locali quante sono le città italiane, può trovarlo qui https://www.messinatoday.it/blog/riguardare-con-cura/giorgia-meloni-olimpiadi.htm
      Si tratta di una presa di posizione, civile ma netta, della quale mi assumo, come sempre, ogni responsabilità. Il fascismo non è soltanto un movimento politico ma una mito, anzi più di un mito, perché il mito può non essere mai accaduto, mentre il fascismo è accadutom eccome.
      Tutti, in piccolo o in grande, ne portiamo ferite nella nostra biografia, io stesso sono figlio di un uomo che è stato mandato al fronte a 19 anni, tornando a casa, dopo un lungo periodo di prigionia, con una saluto compressa, lasciandoci a 48 anni. Era una guerra nella quale potevano stare fuori, ma per i capricci di un uomo irrisolto ma capace di ubriacare 45 milioni di italiani, con delle eccezioni. Educare bene, detto per inciso, significa anche fornire i nostri figli dello spirito critico necessario per fare fronte a uomini e donne di quella pasta.
      Non abbocchiamo al trucco bipolare “se non sei fascista sei comunista”, una manipolazione grossolana che nel suo reale significato dovrebbe suonare “se non si fascista, sei democratico”. L’educazione, che non sia quella che si impartisce nei paesi totalitari, dovrebbe essere nient’altro che un’introduzione alla libertà, al rispetto dei diritti, uno stimola alla costruzione di un mondo in cui nessuna persona dovrebbe chiedere scusa per com’è fatta, per come ama, per come pensa, salvo, appunto, i casi in cui non coltivi un pensiero che tende a minare la sicurezza e la dignità del suo prossimo. Essere antifascisti non significa solo prendere parte al dibattito politico, ma signica soprattutto proclamare che si è disposti a giocare solo su un tavolo in cui le premesse, quelle appena descritte, sono da tutti condivise.
      Tempo fa una lettrice raccontava che le figlie avevano chiesto al loro papà quali fossero le sue idee politiche, e lui si era rifugiato dietro una scusa per non non rispondere. Non riesco a dimenticare quell’episodio, così come non lo dimenticheranno le figlie, cui resterà il sospetto che ciò di cui non si può parlare liberamente, evidentemente nasconde qualcosa di riprovevole. Grazie per il suo contributo, a me utilizzimo.

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  5. Sto pe correndo con un gruppetto di adolescenti il Cammino di Santiago. Ogni giorno sveglia prima dell’alba, colazione frugale, zaino in spalla: 3 cambi, beaty, felpa, salvietta, ciabatte, scarpe comode ai piedi
    Arrivi alla meta prefissata, cerchi un ostello, doccia, bucato a mano, spesa al supermercato, se vogliamo mangiare, si cucina.
    Dopo cena piccolo dialogo ‘obbligato’ e poi a letto presto, poco dopo il tramonto.
    Li guardo camminare davanti a me, cartina in mano (no Google Maps, cellulare a casa), occhi sulle frecce gialle che indicano il Cammino.
    Perché?
    Perche il Cammino offre opportunità di ripristino del sentire nel corpo la fatica, del sentire nella mente il dipanarsi dei pensieri, di sentire nel cuore quelle domande che rischiamo di non permettere più che bussino alla porta’ chi sono? chi voglio essere? come voglio essere?
    Rinunciare a sfidarli in ciò che è difficile è una resa che, come adulti, non possiamo permetterci anche quando la stanchezza, il sentirsi falliti, amareggiati, sconfitti, ci prende furtiva. Un padre deve continuare ad avere la possibilità di dire: guarda là.

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    1. La strada, cara Virna. Ne percorrevamo tanta, ogni giorno, quando eravamo raccoglitori nomadi e non avevamo neppure ciò che invece tu e i tuoi ragazzi avete, ossia una meta e dei cartelli indicatori. Io penso che proprio la strada sia stata la prima grande maestra, anche quando non somigliava a quelle che abbiamo in mente noi, nastri asfaltati, sentieri segnati e numerati. La ricerca di un cammino sicuro, sebbene non libero da incognite, era un piano di vita, e mentre la si percorreva si era costretti a “imparare” perché ogni incontro, amichevole oppure ostile, rappresentava spesso una prima volta e questo ci costringeva a trovare soluzioni. Oggi i nostri ragazzi non scendono in strada, ma si acquattano dietro uno schermo, postazione nella quale non si impara quasi nulla, non si aggiunge nessuna competenza umana. Se Filippo avesse percorso più strada, quella che stai facendo tu coi giovani, tridimensionale, forse i suoi deliri di gelosia, i suoi complessi ben coltivati nella solitudine, avrebbero trovato, nell’evidenza del quotidiano, una soluzione. Buona strada e buon ritorno

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