Quando le istituzioni diseducano e danneggiano la famiglia

Abbiamo scritto in diverse occasioni che l’ambiente è il principale contributore nell’impresa che porta alla costruzione della nostra personalità e che esso non è un’astrazione bensì il fondale scenografico quotidiano nel quale ci muoviamo.

La sua influenza è continua, ostinata ma, soprattutto oggi, difficile da misurare poiché la sua composizione è mutata e muta in continuazione incorporando molto materiale manipolato attraverso i canali virtuali.  

Tuttavia, ciò che accade intorno a noi, in particolare nelle fasi in cui il nostro mondo interiore sta prendendo forma, ossia nei primi anni di vita, lavora come uno scalpello affilato, per questo è importante che un bambino cresca in un paese dove le persone vengono trattate con rispetto, quale che sia la loro religione o il colore della loro pelle. Le istituzioni rappresentano soggetti educativi a tutti gli effetti anche se, purtroppo, tendono a ignorarlo, spesso diffondendo messaggi contrari allo sviluppo del sentimento sociale nei minori, un ingrediente dal quale dipende la qualità stessa della loro vita psichica e quella del contributo che forniranno ai loro concittadini, dunque l’equilibrio della comunità.

Questo vale, in modo particolare, per tutti i soggetti impegnati nelle istituzioni.    

Crescere, ad esempio in un paese che deporta persone straniere, bambini e anziani compresi, le quali cercano di cambiare la propria vita assumendosi dei rischi che non di rado si rivelano mortali, crea i presupposti di molti comportamenti ostili nella cittadinanza, legittimandoli, che arrivano al razzismo e alla violenza. Lo stesso bullismo che si manifesta nella scuola si sviluppa in contesti civici e familiari dove la cultura dell’ostilità verso ciò che è diverso -ma mi chiedo chi di noi non lo è- tende a prevalere. Il bullismo non nasce nella scuola, occorre competenza e “visione” per capirlo, chi si illude di fermarlo solo con “misure esemplari” non è adatto a occuparsi di cose pubbliche.

La famiglia e la scuola non sono depositi di delinquenti o di incapaci, il punto è che sono state lasciate sole, e per di più si vedono spesso recapitare attacchi scomposti anche da alcuni miei colleghi che, invece di raccontarci come se la cavano con i loro figli, si impegnano con costanza a insegnare agli altri come educare la prole e gli alunni.

Chi si impegna in politica dovrebbe avere la buona creanza di risolvere i propri problemi personali prima di occupare uffici delicati, che toccano la vita di tutti. Se si è cresciuti in famiglie problematiche, anaffettive o segnate da abbandoni traumatici, è meglio sistemare i propri scaffali prima di provare a sistemare quelli altrui, perché la tentazione di fare confusione tra le proprie istanze e quelle del prossimo è dietro l’angolo. Le risposte ai problemi del mondo difficilmente si possono trovare nelle saghe fantasy.  

La storia è ricca di esempi in proposito, anche tragici, in cui le questioni biografiche irrisolte del personale politico si sono abbattute come tempeste nelle esistenze di persone innocenti, rovinandole per sempre.

Educare è un’azione corale, non si può delegare solo a chi mette al mondo dei figli o a chi insegna nelle scuole.

4 pensieri riguardo “Quando le istituzioni diseducano e danneggiano la famiglia

  1. Parole sacrosante, dottore.
    Penso alla politica, spesso popolata da soggetti irrisolti e frustrati, che in tale habitat riversano le proprie manchevolezze e insoddisfazioni personali, alimentando quelle collettive, perchè la politica è un amplificatore ahime’ potentissimo.
    I recentissimi episodi della deportazione in Albania e della qualificazione della GPA come reato universale sono un esempio di questi effetti perversi, che la presenza nella “stanza dei bottoni” di persone sbilanciate sulle proprie carenze personali e non adulte genera nelle comunità, seminando una cultura collettiva antisociale, razzista, omofoba, violenta.

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    1. Caro Gianni, è appena stato ucciso dalla polizia italiana un uomo straniero che aveva aggredito gli agenti con un coltello. Una bella tragedia, che poteva essere ancora più grave, ma di fronte a questi eventi misurare le parole, soprattutto se si è un ministro, è il minimo, invece quello delle infrastrutture, che esibisce il rosario come se lui e la povera Madonna fossero parenti stretti, si è lasciato andare come se vivesse in una bettola di quart’ordine, commentando, all’indirizzo del defunto: “non ci mancherà”. Uno può avere tutte le idee politiche vuole, ma deve ricordarsi che quando parla deve rappresentare ognuno di noi.
      Ecco, un paese che non vuole vergognarsi di sé non si può dotare di governanti di questo livello. Se decide di farlo, non può lamentarsi se la violenza cresce ogni giorno e il disdoro che ne deriva investe tutti.

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  2. Un anonimo ha detto non dobbiamo consegnare un mondo migliore ai nostri figli, ma figli migliori al mondo. Come questo puo’ avvenire se chi ci rappresenta utilizza quando va bene lo slogan “Dio, Patria e Famiglia”, e si preoccupa solo dì proteggere “ i nostri confini”… senza capire che sono proprio i loro limiti ad essere dei confini insuperabili. Come possiamo ridare speranza a noi stessi e ai nostri figli se non rompiamo il silenzio, se non facciamo un sano e fragoroso rumore per determinarci con forza e superare i confini dell’io e aprirci al noi, aprirci all’altro?

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    1. Direi, cara Paola, che nelle sue domande sono implicite le risposte, il punto è che a porsi domande sono rimasti in pochi per questo chi deporta esseri umani e si professa cristiano può continuare a mentire. Un caro saluto

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