Nina e i cani. Insostituibili maestri di pedagogia e di umanità

Sono le dieci e trenta di domenica 29 dicembre 2024. Il furgone con una ventina di gabbie, svuotatesi in parte lungo il percorso, nelle precedenti “consegne”, è appena arrivato.

Noi aspettiamo Nina, sette anni, meticcia di maremmano-abruzzese, gli ultimi dodici mesi trascorsi in un canile di Taranto, dopo essere stata intercettata mentre vagava, in fuga chissà da cosa.

Il tema del randagismo, soprattutto nel meridione d’Italia, è un fenomeno esteso e grave, perché i cani ci somigliano molto. Sognano il calore e il conforto degli umani, non riceverli li fa avvilire, deprimere, declinare. Sono esseri viventi che del rapporto con noi umani fanno ragione di vita.

L’avevamo conosciuta attraverso un articolo di giornale, ritratta all’interno della sua dimora, una gabbia. Intristita, quasi apatica, malgrado le cure amorevoli dei volontari, impari rispetto al numero cospicuo degli animali da accudire.

Il canile è la penultima speranza per cani i randagi, punto di passaggio per molti di loro verso una famiglia adottante. Il loro paradiso.

Non tutti, però, sono fortunati, molti passeranno l’intera esistenza nella vana attesa di una mano protesa, fantasmi di cui nessuno terrà memoria, ma della loro sofferenza resterà traccia nelle nostre coscienze e nell’ambiente, sospesa per sempre come una nuvola nera. Un dramma sottovalutato, un dolore senza confini per queste creature, che nei millenni si sono avvicinate alla nostra specie nobilitandola e intrecciando con essa storie d’amore indimenticabili, fondate sulla lealtà e sulla devozione incondizionata.

Nina è la prima a scendere dal furgone, le fanno fare la pipì e ce la consegnano.

È disorientata, ansiosa, reduce da 18 ore di viaggio. Sappiamo che ci amerà, ma dobbiamo darle tempo, a cominciare dalla mezz’oretta che trascorrerà in macchina con noi, per l’ultima parte del tragitto, dai pressi del casello autostradale a casa nostra, dove l’aspettano il resto della famiglia e Cacao, un meticcio di 14 anni, superstite di una triade amatissima.

Sono passati 11 giorni, Nina sembra rinata e noi ci domandiamo com’era la nostra casa prima che lei arrivasse, sembra qui da sempre. Ma forse è stata lei stessa a rompere qualche chiavistello, quelli chiusi dall’abitudine.

Paziente e vigile come un cane pastore, mite e affettuosa come una mamma, grata per averle aperto la porta di quella che adesso sente come la sua casa.

I cani sono un grande supporto affettivo e, soprattutto, pedagogico, bisognerebbe ammetterli in tutti i luoghi dove c’è da imparare a essere migliori. Loro sono gli unici a conservare i codici di un’umanità che tende a smarrirsi.

Mi è accaduto di incontrarli nelle carceri, dove sono una grande consolazione per i detenuti, che li amano come figli. Mi piacerebbe che in ogni classe ci fossero degli animali, aiuterebbe le nuove generazioni a spostare l’attenzione da sé stessi, dove noi l’abbiamo spinta, e a iniziare la costruzione di una personalità “normale”, ossia attenta al prossimo, condizione indispensabile per approdare a una buona salute mentale.

Quest’anno avevo dedicato uno dei miei libri ai due cani che ci hanno lasciato nel 2023. A Trilli e a Biri. Mi piacerebbe sapere quali fotogrammi di noi si sono portati nel viaggio”. Non smetto mai di domandarmelo. Già, perché loro non possono raccontarcelo, ma sarebbe una rivoluzione se potessimo sapere come ci dipingono i nostri cani, sarebbe il primo passo di una vera umanizzazione.

E non è un paradosso che possano favorirla creature non umane.

Non cadiamo nell’errore di pensare che con tanti bambini bisognosi in giro, sia il caso di “perdere tempo coi cani”. Posso affermare con certezza che si tratta solo di un autoinganno, a volte di un alibi, sovente chi non ama gli animali non ama neppure i bambini, la compassione, infatti, non funziona come le cassettiere di casa, dove ogni indumento viene separato dagli altri, ma è una treccia continua, come diceva Maxwell quando parlava del magnetismo e dell’elettricità, ingredienti inseparabili dell’elettromagnetismo.

17 pensieri riguardo “Nina e i cani. Insostituibili maestri di pedagogia e di umanità

  1. Grazie Domenico, per questa testimonianza e per aver accolto Nina!
    Anche mio figlio di dieci anni sogna di poter portare la sua cagnolona in classe e siamo tutti convinti che la scuola sarebbe un posto migliore se potesse ospitare anche esseri non umani.
    È proprio come dici, lo sguardo di un cane ci porta ad interrogarci su che genere di persone siamo.
    I cani chiedono l’essenziale: l’amore, ricordando talvolta anche a noi che in fondo poco altro conta e desideriamo.
    La convivenza con loro ci spinge ad osservare quanti elementi comuni si possono ritrovare in specie diverse; basta fermarsi ad ascoltare il loro respiro, per esempio, od il battito del cuore, perfino alcuni comportamenti, per riconoscere, allargando lo sguardo, che in fondo la nostra è una specie tra le tante che popolano la terra e di quanto straordinario questo sia.
    Buona vita con Nina!

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    1. Difficile, cara Michela, vedere un cane che fa la guerra. Nel post si parla di Cacao, il cane che vive con noi da 14 anni, ti confesso che la nostra maggiore preoccupazione riguardava l’eventuale dispiacere che potevamo infliggergli violando del suo spazio. Ma ci sbagliavamo.
      La sua reazione, tollerante e ospitale, dopo i primi momenti di perplessità, non ricorda le espressioni di coloro che parlano dei forestieri come di un morbo. In questi giorni dicevo a una persone che Dio, se esiste, vive circondato di cani, perché la sua compassione deve essere costantemente allenata, e nessuno meglio di queste meravigliose creature, può tenere vivo tale sentimento, indispensabile alla vita sulla terra.
      Un caro saluto e grazie

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  2. Congratulazioni per l’allargamento della famiglia ad una nuova cagnolona (come per i matrimoni ci si congratula, non si fanno gli auguri, perché non ce ne sarà bisogno).
    Vi ammiro per questa perseveranza nell’accogliere ed accudire davvero.

    PS Virginia Woolf ha tentato l’esperimento, raccontando la vita della poetessa Elizabeth Barrett Browning attraverso gli occhi e il naso del suo cane Flush. È un romanzo interessante, in cui lo sguardo è quasi sempre all’altezza delle ginocchia ma non per questo è meno acuto di quello umano.

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  3. Che piacere leggere della new entry in famiglia, dottore! Peccato che il blog non preveda immagini, per poterla anche vedere.
    Apprezzo pure il nome, Nina, anche il mio cagnolino ha un nome per così dire ‘umano’ (ricorderà che qualche “autorità” aveva criticato persino questo aspetto, per ribadire quella stucchevole gerarchia per cui gli umani in generale, oltre che i bambini, verrebbero prima).
    Ciò detto, anche la nostra famiglia, da quando si è aperta all’esperienza di un cane ha guadagnato nuove consapevolezze, sensibilità e prospettive, che vanno dalle scelte nei consumi (alimentari e non) a una maggiore attenzione per il benessere e i diritti degli animali. Anche io sono convinto che l’amore, il rispetto, l’empatia non possano essere a compartimenti stagni. Se ci sono, possono indistintamente rivolgersi ad animali umani e non umani. Se non ci sono, beh, non ci sono in ogni caso, non raccontiamoci favole.

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    1. Caro Gianni, se lei vive con dei cani conosce quale potente anello di congiunzione essi rappresentino tra la nostra specie e la Natura e saprà ancora meglio che gli esseri umani si impoveriscono fino all’avviliennto quando si alienano dalle altre creature viventi. Lei afferma che nella sua famiglia sono cresciute consapevolezze e sensibilità grazie al contatto con queste creature. Mi fa moltio piacere leggere le sue parole, sapere, come si diceva nel post, che questi nostri compagni di viaggio sono capaci di educarci sebbene siano privi della parola, anche questo in qualche modo ci dovrebbe fare riflettere. Forse non è la parola che determina i legami, il nostro ruolo nella società, nella vita dei nostri compagni di viaggio. Anche di questo dobbiamo ringraziare i nostri amici a quattro zampe. Un caro saluto

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  4. Caro Domenico, sono felice per Nina ma anche per la famiglia tutta, perché quando si amano gli animali e con essi si convive, ci si arricchisce in modo bidirezionale. Gli animali danno esempi splendidi di attaccamento all’uomo, di cura, di dedizione. Tempo fa, in caserma mio marito avevano accolto Michael, pastore tedesco congedato dalla Polizia. Era diventato in pochi giorni amico di tutti, docile, sempre attento e vigile. Nonostante l’età, aveva mantenuto l’addestramento ricevuto e le qualità acquisite. Più volte capito’ che le sue semplici passeggiate portassero a ritrovamenti di sostanze stupefacenti nascoste ai giardinetti. In pensione, continuava a servire l’uomo. Legatissimo al militare che si prendeva cura di lui, entro’ in uno stato di inattività quando questo fu trasferito. Si era spento. Si rifiutava pure di mangiare. In breve, il militare torno’ a prenderselo, lo adotto’, lo porto’ a casa sua. Non credo di poter aggiungere altro, il suo articolo e i commenti pubblicati esplicitano le potenzialità educative della convivenza con gli animali. Gli animali possono renderci migliori; la cura, la vicinanza, la fiducia incondizionata “nutrono” loro e arricchiscono affettivamente noi.
    Con stima, un caro saluto e una carezza a Nina

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    1. Cara Antonella, ci vorrebbero delle parole speciali per commentare ciò che lei comunica, ma non basterebbero comunque perché vi sono dei sentimenti che fanno parte dell’universo dell’indicibile. Grazie

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  5. Mi ha commosso dott. Barrilà. Anche io, quasi 14 anni anni fa, ho abbracciato per la prima volta la mia Piera mentre veniva fatta scendere da uno di quei furgoni, in un parcheggio desolato accanto all’autostrada che faceva molto incontro tra scambisti. Non aveva nemmeno due mesi, era tanto bella quanto disorientata, e da allora è con me. Ora è vecchissima e molto acciaccata e a me sembra ancora più bella. Benvenuta a casa Nina 🙂

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  6. Che dire se non bene arrivata a Nina? Nella famiglia in cui inizierà una nuova storia d’amore. Quell’amore cane- uomo e ritorno che, diceva Freud, è privo di tutte quelle ambivalenze che contraddistinguono quello tra gli umani. È una grande avventura vivere con un cane, prendere atto con meraviglia del loro essere incapaci di finzione, a costo di offendere un membro della famiglia un po’ meno amato di un altro; assoluti nelle loro passioni, in testa alle quali c’è quello x la passeggiata, che ha sempre il fascino della più grande avventura; insuperabili nel trasformare il tempo nell’attesa che il compagno umano sia di nuovo a casa. Quella casa che loro riempiono di una presenza che diventa subito necessaria come l’aria. Quello che milioni di loro nel mondo (italia non esclusa) ogni giorno subiscono per mano nostra è una delle innumerevoli prove essere la nostra specie quel legno storto di cui parlava Kant. Tanti tanti auguri Domenico per questo nuovo viaggio insieme a chi avete scelto con tanta apertura di cuore

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    1. Credevamo, cara Annamaria, di non avere bisogno di un cane e pensavamo di avere agito per lenire la solitudine di Nina, di averle fatto un regalo, sentendoci quasi dei benefattori ma, come abbiamo imparato dai suoi predecessori, ci siamo resi conto che il regalo da scartare era proprio lei. Stare con un cane è un percorso di incivilimento, incessante e carico di domande, sulle nostre responsabilità verso la Natura, usata come un fazzoletto da naso, che ci si rivolta contro ogni giorno, non solo quando ilm fuoco divora Los Angeles. Un caro saluto

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  7. Senza dimenticare Nero, con i suoi graffietti lasciati su porte e stipiti e presente pure in un’altra dedica di un tuo testo, Domenico carissimo.
    Giungi sempre ad ogni cuore.
    Ti ringraziano pure Birillo, cocker simpatico,
    pazzerello, meraviglioso amico dei miei anni più belli e Brucky, boxer, buona e paziente apportatrice di allegria, mediazione ed equilibrio in famiglia.
    Se ne sono andati lo stesso giorno, entrambi a sedici anni e a trenta di distanza l’uno dall’altra.
    Birillo, 6 febbraio 1993
    Brucky, 6 febbraio 2023
    Non credo si tratti di pura coincidenza.
    Una straordinaria, curiosa testimonianza d’amore e un particolare, prezioso insegnamento, consegnati a me.
    Insieme.

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    1. Cara Mila, i cani lasciano sempre un deposito difficile da spiegare con le parole, perché vanno oltre, risolvendo problemi fuori dalla nostra portata, perché troppo semplici. Problemi cui basterebbe dare risposte altrettanto semplici ma oramai fuori dal nostro alfabeto. Cinque anni fa una signora milanese, sola, appena andata in pensione, era venuta per un sostegno psicologico perché il brusco cambiamento le aveva creato problemi di umore. Le chiesi se avesse mai preso in considerazione la compagnia di un cagnolino, dopo un mese arrivò un piccolo barboncino che le cambio, letteralmente, la vita, “rubandomi” il lavoro, com’era giusto che fosse perché la psicologia non c’entrava proprio nulla e la terapia ancora meno. Un caro saluto e grazie per la tua riflessione

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  8. Due anni fa mia figlia è stata ricoverata per tre mesi in pediatria, per un disturbo alimentare che nessuno di noi si aspettava potesse arrivare a soli undici anni. La caposala portava ogni giorno in reparto i suoi due cani, Momo e Mia. Non dimenticherò mai quanto siano stati capaci di “sentire” la paura di mia figlia in alcuni momenti, quanto fossero bravissimi nel dare empatia a lei e alle altre ragazzine ricoverate, quanto siano stati “infermieri” e “psicologi” attentissimi. Una grande parte della forza che lei ha trovato in quei mesi cruciali credo sia stata un regalo di questi due splendidi cani. Che meraviglia, quell’amore incondizionato, quell’allegria proprio dove era necessario ritrovarla… ho sempre pensato, da allora, a quanto siamo stati fortunati ad averli sempre con noi. 🙂

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    1. Carissima, lei tocca un tema a me molto caro, quello del valore che diamo agli animali e, soprattutto, il valore che loro attribuiscono a noi. L’esperienza di sua figlia dice assai più delle mie parole e mi riporta al vuoto che un animale lascia quando il suo Dio lo riporta a casa, quella in cui spero i loro doni vengano apprezzati più di quanto facciamo noi umani. Grazie

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