Sulla formazione dei docenti si gioca il futuro del Paese

Ogni volta che entro in una scuola, in genere su impulso di qualche docente o dirigente di buona volontà, mi viene ripetuto con dispiacere che la formazione per gli insegnanti italiani non è obbligatoria.

Purtroppo, non lo è neppure per i ministri e per i parlamentari, che dovrebbero possedere il talento per immaginare gli effetti delle loro azioni od omissioni sul destino del Paese, invece non lo possiedono, mentre sono bravissimi a popolare i talk show trasformando la politica in una comunità di bambini in cerca di applausi. Immaginare una classe docente priva di aggiornamento significa alimentare lo scollamento sempre più grande, e pericoloso, tra chi insegna e chi va a scuola per apprendere.

Naturalmente, di fronte a un quadro che diventa sempre più imbarazzante, quando non fosco, sia la politica sia gli psicologi più esposti, non meno presenti dei politici in televisione, si rifugiano nella coperta di Linus, ossia attaccare frontalmente la scuola e la famiglia, proprio i due soggetti che sostengono il peso esistenziale all’interno della comunità nazionale, con un lavoro quotidiano spesso esercitato tra mille difficoltà, in un regime di fatica e di frustrazione e, quello che è peggio, in solitudine. Ieri ero ospite di un liceo torinese, tutti abbiamo fatto del nostro meglio per rendere possibile l’incontro psicologia-docenti. Non abbiamo fatto i fenomeni, non ci siamo presi a male parole, stiamo rimasti insieme quasi tre ore senza sentire la voglia di scappare, consapevoli che avevamo il dovere si sopperire alle distrazioni di chi mette nelle mani della scuola tutta la complessità presente nell’ambiente e non le chiede neppure come se la passa.

Certo, potrebbero fare di meglio, scuola e famiglia. Se solo qualcuno le aiutasse, invece di farle sentire le due figlie degenerate della famiglia. Ma sostenere richiede enormi doti di competenza, di creatività, di tenacia, soprattutto di amore per ciò che facciamo. Richiede capacità progettuali difficili da immaginare nel paesaggio attuale. Richiede al mondo scientifico una scelta di generosità, perché la scuola non è in grado neppure di comprare cancelleria e carta igienica, figuriamoci se può pagare delle parole.

Essere retribuiti è un diritto, ma esiste una scala di priorità che dovrebbe indurre le persone più preparate a mettersi a disposizione della scuola secondo la disponibilità della stessa, magari facendosi tornare alla memoria quello che ciascuno di noi, a cominciare dal sottoscritto, deve a quella scuola, che ci traghetta dal niente alla vita sociale riempiendoci le tasche di sapere, che poi diventa altro, per alcuni molto altro, per la maggior parte una solida base su cui fondare la propria vita.

Non mettere la scuola nelle condizioni di aggiornare i propri docenti rappresenta una grave manifestazione di leggerezza e di incoscienza, in particolare in fasi storiche come quella presente in cui la divaricazione generazionale diventa ogni giorno più grande, direi in proporzioni mai viste nella storia dell’uomo.

Smettiamola per criticarla e stiamole vicino, perché dal suo presente dipende il futuro di tutti noi, anche di chi non è ancora nato.

4 pensieri riguardo “Sulla formazione dei docenti si gioca il futuro del Paese

  1. Caro Domenico,
    grazie infinite per le sue parole verso la scuola, verso il ruolo fondamentale che essa esercita, verso chi ci lavora cercando ogni giorno di fare il meglio, spesso con pochi mezzi, fronteggiando fatiche di vario genere, a partire da un carico di burocrazia che i più non vedono e ignorano. Ho trascorso ormai più di trent’anni nella scuola, un’esperienza lunga e felice perché ogni giorno ho potuto imparare qualcosa e dare qualcosa e continuo a farlo, perché insegnare ed educare sono compiti che non si imparano una volta per tutte, ma che ogni anno si reinventano in base ai bisogni dei singoli e della classe; in quanto a formazione, posso ritenermi fortunata; personalmente ho sempre aderito anche in forma volontaria a molti corsi, anche se, non essendo deliberati, non venivano riconosciuti, tuttavia hanno costituito per me “esperienza” e in fondo “risorsa” per la scuola stessa, e non solo (ho investito le mie competenze anche nel sociale). Credo fermamente nell’educazione bidirezionale, per cui nel mio percorso professionale quanto io ho potuto dare ai bambini in termini di conoscenza, competenza, relazione ha trovato dall’altra parte un corrispettivo umano ed emozionale che mi ha fatto crescere. In questo lungo periodo ho potuto assistere a vari cambiamenti, anche i bambini sono cambiati: la scuola è lo specchio della società, l’utenza porta dentro alla scuola bisogni e modelli diversificati, con valori altrettanto vari. Oggi è tutto più complesso, la società è più complessa, e come lei dice, quando le cose non funzionano, si fa in fretta a puntare il dito sulla scuola e sulla famiglia, mentre se queste avessero mezzi in più potrebbero poter contare su risorse maggiori. Anche nelle situazioni più sfortunate, la categoria docenti, credo sia quella più “creativa” che alla fine, per amore del proprio lavoro, trova, anche in autonomia, l’alternativa a eventuali carenze (se pensiamo alla pandemia, in poche settimane noi docenti ci siamo improvvisati videomaker, grafici e quant’altro… ). Le risorse, tuttavia, dovrebbero esserci a priori e in modo generalizzato, e da qui usare tutta la creatività, l’empatia, la competenza per esercitare al meglio il proprio ruolo. Confrontandomi con realtà scolastiche diverse in occasione di un corso di aggiornamento sulle biblioteche scolastiche, il quadro che ne ho potuto avere è di una diversità che sicuramente si riflette sul lavoro dei docenti e su quanto è possibile fare in favore degli alunni. I risultati di specifiche ricerche INVALSI sulle competenze di lettura sono cartina di tornasole. Se la coperta è corta, da qualche parte qualcuno dovrà coprirsi meno… Nella scuola tutti i progetti dovrebbero avere una copertina. Anche la possibilità di scegliere corsi diversi, secondo i propri interessi e motivazione forte, potrebbe essere un’opportunità di formazione autentica, perché è vero, credo nell’importanza dell’aggiornamento (diritto-dovere si diceva una volta), ma se fatto “per forza” perde di valore e di pregnanza, non ne ha sul piano personale tanto meno potrà averne a favore degli alunni.
    La ringrazio davvero per la possibilità di riflettere sul valore della scuola, sulla responsabilità di noi docenti e di chi deve offrire strumenti.
    Con stima
    Antonella Alia

    "Mi piace"

    1. Cara Antonella, i suoi commenti sono sempre “lettere dal fronte”, rispondere rimpicciolirebbe la portata delle sue riflessioni, spero che tanti lettori possano esplorare tra le sue righe. Un caro saluto

      "Mi piace"

  2. Grazie per gli spunti di riflessione.
    ” amore per ciò che facciamo ” ,
    tutti, in ogni ruolo specifico credo sia misura di quanto bene vogliamo a noi stessi, ai nostri ragazzi ed al futuro di questo mondo .
    Un caro saluto
    Luciano

    "Mi piace"

    1. Grazie Luciano, non sempre si riesce a fare bene ciò che facciamo, qualche volto lo facciamo proprio coi piedi, ma le garantisco che già provarci ci mette in una posizione migliore, perché significa che almeno ci fanno compagnia delle buone domande, che sono l’inizio di ogni cambiamento. Buona giornata

      "Mi piace"

Rispondi a Antonella Alia Cancella risposta

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *