Ancora su famiglia, scuola e candidati soccorritori

All’inizio degli anni Novanta uscì il saggio di James Hillman e Michael Ventura dal titolo molto significativo, “Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio”.  

Quel titolo non era affatto una battuta di spirito semmai una considerazione su cui tutti dovremmo riflettere, se non altro per tenere a mente i limiti di quanto ci circonda.

Ciò che oggi, invece, mi colpisce, soprattutto tra i soggetti più autorevoli, almeno mediaticamente, è la tendenza a colpire i territori di cui si dovrebbero occupare -società, scuola, famiglia- senza neppure un cenno di autocritica sul proprio contributo.

Lunedì scorso, dopo un colloquio di conoscenza, a un uomo di quarant’anni avevo consigliato di pensarci con calma prima di avviare un percorso, di ragionare autonomamente sulle proprie motivazioni.  Se dopo avesse ancora voluto l’avrei accompagnato volentieri.

La mattina successiva mi aveva telefonato. “La ringrazio per le sue parole di ieri, farò come dice, proverò a rovistare nei miei cassetti per conto mio, poi deciderò il da farsi. Intanto ieri sono uscito dal suo studio sollevato e sono certo che ci rivedremo ancora. Sapere che in caso di bisogno lei sarà disponibile mi aiuta a procedere senza paura”.

Se dovesse tornare, la terapia sarebbe più agevole perché sostenuta da consapevolezze e motivazioni più solide e nel frattempo avrebbe svolto quella parte di lavoro che tocca a lui svolgere.

Anche gli interventi che svolgiamo sul territorio possono rappresentare un contributo a una migliore conoscenza di sé stessi, un aiuto, piccolo o grande, a porsi le domande giuste per conto proprio prima di delegarsi ad altri. In definitiva uno sforzo di prevenzione a beneficio di cittadini.

In questi giorni sono stato in Sicilia, nella parte forse meno prospera (per la verità zone di prosperità nell’Isola se ne trovano poche), per due conferenze pubbliche. Come mi accade sempre, mi sono preso del tempo per girare a piedi il luogo, guardo le persone per strada, registro scene di vita quotidiana, osservo lo stato dei palazzi, delle strade, la cura del territorio e quando inizio la conferenza conosco, sia pure per sommi capi, il terreno su cui cadranno le mie parole. Sistemo gli appunti per “adattarli” alla situazione, per fare in modo che quanto dirò arrivi a destinazione, perché una conferenza non è un’esibizione, ma un incontro con un luogo reale e con chi lo abita.

Un intervento a Udine avrà caratteristiche diverse da un intervento a Cagliari o a Firenze.

Sono stato ascoltato da alcune centinaia di persone, può darsi che nessuna di loro ricorderà le mie parole -in questo caso la colpa sarà solo del sottoscritto- ma se solo una madre, un padre, un insegnate, un educatore mi prenderanno sul serio e proveranno a migliorare il loro modo di approcciarsi alle nuove generazioni, sarà servito a qualcosa.

Durante una cena i miei ospiti, in particolare una dirigente capace, efficiente e, soprattutto, devota alla causa della scuola, mi raccontavano che, insieme al mio nome, avevano chiesto dei preventivi ad un altro professionista, nel caso specifico pedagogista, e che la sua richiesta era risultata tre volte più alta della mia, impossibile da soddisfare per la scuola.

Ovviamente nessuno può essere obbligato a lavorare sottocosto, ma forse sarebbe necessario ricordare che la divulgazione, che fa rima con prevenzione e formazione, è un servizio indiretto proprio ai bambini e ragazzi. Mi pare surreale sputare a giorni alterni su scuola e famiglia, facendo finta di essere preoccupati per figli, alunni, studenti e poi chiedere cifre cospicue anche in posti dove la gente fa persino fatica a comprare un libro, perché con venti euro ci mangia tre giorni. L’unico modo che abbiamo, date le condizioni, per aiutare la scuola e la famiglia sarebbe mettersi a disposizione, dando il meglio di sé stessi, secondo le capacità di spesa dei soggetti che ci interpellano. E la scuola italiana è povera in canna e pure sola. Questo non significa affatto che il carico di queste carenze debba finire tutto sulle spalle dei cosiddetti esperti -molti dei quali lavorano con competenza, senso della misura e spirito di sacrificio- semplicemente che occorre ricordare sempre la difficile realtà che vive la scuola e chi la abita.

La norma, per i più esosi, dovrebbe essere che si prende ciò che è disponibile, altrimenti si perde il diritto di versare lacrime di coccodrillo sulle nuove generazioni e di fare la morale a scuola e famiglia.

La scuola è popolata di insegnanti che ogni mese portano a casa all’incirca la meta di quello che chiedono alcuni esperti per un paio d’ore di parole e di dirigenti che lavorano più di un ministro, sono sommersi di responsabilità che non li fanno dormire la notte e ricevono assai meno di un cameriere di Amsterdam (posso documentarlo).

Senza contare i genitori e i ragazzini, come quella ventina di studenti delle medie che ieri, prima del mio intervento, ci avevano deliziato con due canzoni meravigliose composte dai loro insegnati di musica, una coppia anche nella vita. Mentre li guardavo pensavo a me alla loro età, facevo più o meno le stesse cose, anche se ero stonato, e dopo cinque anni sono partito per il Nord.

I loro genitori presto li perderanno di vista e chi è genitore può capire cosa significhi.

Anche questo quadretto, per me struggente, regalo a chi pensa di vivere nel paese dei balocchi.    

6 pensieri riguardo “Ancora su famiglia, scuola e candidati soccorritori

  1. ” rovistare nei cassetti ” … per ritrovare quello che si ha sempre avuto, liberarlo dalle incrostazioni e custodirlo per sé stessi, donandone possibilmente il meglio agli altri.
    Grazie
    Luciano

    "Mi piace"

    1. Questo principio le enuncio in continuazione, prima di chiedere ad altri dobbiamo capire se siamo sprovvisti di ciò che cerchiamo.
      Il primo passo di ogni terapia ma anche di ogni azione pedagogca, dovrebbe essere questo. Un caro saluto

      "Mi piace"

  2. Mi chiedo quanti pedagogisti e psicologi, ora in aumento come “conferenzieri” -TV e Web purtroppo sfornano falsi miti in continuazione- abbiano il suo approccio genuinamente pro-sociale.
    A giudicare dai cachet e anche dalle relazioni “standard” che portano in giro, dubito passino del tempo a girare per i luoghi dove sono invitati per “impregnarsene”, direi pochissimi. E “sto largo”.

    "Mi piace"

    1. Credo, caro Gianni, che non dovremmo selezionare la nostra clientela -sia nell’attività clinica sia in quella divulgativa- in base alla sua capacità contributiva, perché questo è contrario a ogni principio di solidarietà, ingrediente fondamentale in questo lavoro.
      Un caro saluto

      "Mi piace"

  3. Dopo tanti anni trascorsi nell’insegnamento con i più piccoli, non posso far altro che darle ragione Domenico. Mi sono stancata di questo atteggiamento saccente e spregiudicato di certi professionisti che credono sempre di sapere tutto e giudicano a prescindere, senza osservazione, senza ascolto, senza mai mettere i panni dell ‘altro. Questo atteggiamento comincia a infiltrarsi anche nel mondo scolastico.La realtà oggi è veloce e complessa per tutti, non possiamo sentirci al disopra degli altri se vogliamo porci in una dimensione di aiuto e dare strumenti per ritrovare benessere. Ma dobbiamo urgentemente ritrovare lo spirito di comunità.

    "Mi piace"

    1. Grazie Antonella, quello che scrire lei arriva dalla realtà tridimensionale, situata, alla quale sarebbe bene che tutti imparassero a piegarci. Un grande neurologo francese dell’Ottocento, che fu anche maestro di ipnosi ed ebbe Freud tra i suoi allievi, amava dire
      “Le teorie sono una bella cosa, ma non impediscono alla realtà di esistere”. Parole che risuonano da sempre dentro di me, insieme a quelle di un farmacologo che conobbi nel percorso di specializzazione. “È buono ciò che funziona non ciò che risponde a una buona teoria”.
      Tutto questo non significa improvvisazione, ma competenza, umiltà e rispetto di ciò che passa di fronte a noi. Un caro saluto

      "Mi piace"

Rispondi a Giannirt Cancella risposta

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *