La serie “Adolescence” mette alla frusta anche la psicologia

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Mi sono premurato di guardare “Adolescence”, quattro brevi puntate, qualche settimana prima che diventasse un caso. Una meravigliosa serie di “servizio”, che concede poco allo spettacolo, per questo noi psicologi, ancora prima che noi genitori, dovremmo prenderne visione con una discreta dose di umiltà.

Quello che rimane appiccicato alla pelle è ciò che non si riesce a esprimere con le parole, ancora meno con gli slogan. A cominciare dalle angosce e dalle fatiche dei genitori, troppo spesso trattati in maniera sprezzante da chi dovrebbe affiancarli. Non possiamo arrivare col camice bianco sul luogo di un incidente e, invece di soccorrere i feriti, accusarli di essere sporchi di sangue.

Mi sono chiesto, ad esempio, con che diritto definiamo “confuso” il padre protagonista della serie. Ai genitori sono state cambiate in corsa tutte le mappe, radicalmente, si sono capovolte le regole del gioco. Non si è trattato di piccoli aggiustamenti, ma di una modifica assoluta, di una rivoluzione drammatica e senza precedenti, in quasi totale discontinuità con il modo in cui gli esseri umani si erano formati fino a trent’anni fa. Oggi educare è un’impresa improba, completamente diversa, aliena, unita da pochi punti di contatto alle vestigia del passato. Per dare un’idea, il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, che pure aveva modificato in profondità tutto il corredo di significati fino ad allora vigenti, non rappresenta neppure una puntura di spillo rispetto allo sconvolgimento attuale, provocato dalla virtualizzazione della realtà, che la frantuma e la smaterializza, e dalla spaventosa accelerazione di tutti i processi esistenziali, che sta nevrotizzando trasversalmente tutte le generazioni, trasformando l’esistenza in un enigma spesso irrisolvibile, in cui è facile smarrirsi o dare risposte sbagliate.

Quando ci viene voglia di trattare la famiglia e la scuola come due covi di spostati, bisogna prima sapere di cosa si parla e poi guardarsi allo specchio, chiedersi cosa abbiamo fatto per essi e cosa siamo disposti a fare. Solo questo, forse, ci concede qualche blando diritto di critica.

Vediamola quella serie e armiamoci di profonda gratitudine per chi si è saputo sostituire a noi, facendolo senza un briciolo di moralismo, ingrediente di cui possiamo fare volentieri a meno, in cambio di una robusta competenza e di una altrettanto robusta visione solidale.

10 pensieri riguardo “La serie “Adolescence” mette alla frusta anche la psicologia

  1. Grazie, è davvero sempre interessante leggerti, ma questa volta, come mamma, mi sento capita. Sembra anche a me che ci sia terribilmente bisogno di umiltà, di ascolto non giudicante, di compassione, a volte, nel senso etimologico del termine: è doveroso essere i migliori genitori possibile, è anche meravigliosa come sfida, ma è faticosa e non sempre l’intenzione, la volontà, la fatica, l’impegno, “proteggono” da tutto. 🙂

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    1. Cara Antonella, dovresti sentirti sempre capita se fai il genitore. In questi anni siamo stati costretti a imparare di nuovo il “mestiere” di madri e di padri, impresa impossibile se manca la solidarietà tra i soggetti coinvolti. La mia riflessione di oggi è il richiamo a un nuovo inizio, in cui non ci sono giudici e imputati ma persone che concorrono a trovare un bandolo, mai così complicato da trovare.
      Grazie

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  2. Il bandolo complicato da trovare, alla fine, credo possa riscoprirsi in quel senso vero di infinito che, unitamente all’ Amore di padre e madre da testimoniare e donare incondizionatamente ai figli , deve riempire di certezze il nostro di cuore…… e lo troveremo tutti, prima o poi, sempre e comunque all’altro capo della matassa .
    Grazie

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    1. L’amore dei genitori è una risorsa insostituibile, ma come tutte le risorse fondamentali va “allenato”, approfondito, rinfornzato con delle competenze. La scorsa settimana avevamo parlato degli eccessi di condiscendenza, che di sicuro partono da un’intenzione amorevole ma diventano come la sovrabbondanza di zucchero nel sangue. Oggi, proprio perché educare è un’azione che si svolge in un territorio molto diverso rispetto al passato, dobbiamo trovare un equilibrio tra i sentimenti e le competenze, anche questo in fondo è “amore” genitoriale.
      Un caro saluto

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  3. Mi permetto di aggiungere un commento relativamente alla serie “Adolescence”. Come fatto notare da Luca Bizzarri nel suo ottimo podcast “Non hanno un amico” i quattro episodi sono lunghi piani sequenza, cioè non c’è montaggio. Questo rende merito alla bravura di tutti gli attori ma, per quanto riguarda noi spettatori, contribuisce notevolmente a farci”vivere” realisticamente le situazioni presentate. Il colloquio con la psicologa, in particolare, risulta anche per questo così angosciante, perché è un’ora di “diretta”, reale e per questo destabilizzante. Quando stile e storia si compenetrano ecco che nascono piccoli gioielli come “Adolescence”

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    1. Se lo dice Tiziana, che dell’insegnamento, quindi dell’educazione, fa una ragione di vita, una sana ragione di vita, significa che quella serie contine qualcosa di veramente significativo. Un abbraccio e grazie

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  4. Ho visto la serie su consiglio di mio figlio. Avevo letto in precedenza stroncature e tiepide approvazioni effettuate da psicologi ” star”. Ho trovato i 4 episodi così intensi, coinvolgenti e rappresentativi delle fragilità della nostra epoca. Qualche esperto ha dichiarato in proposito che oggi si usano rare storie drammche adolescenziali per fare un thriller adatto a fare cassa . Sinceramente non ho visto spettacolarizzazione, ho trovato la storia rappresentata vicinissima alla nostra condizione. Non ho visto un thriller ma un dramma umano magistralmente rappresentato. È di una forza bruciante. Sarebbe da proporre nelle scuole, anche se mi viene da pensare a quanti docenti avrebbero non solo la preparazione, ma lo spessore umano per poterlo presentare e discutere. Ho visto come lei, Domenico, tanti aspetti che viviamo nel nostro quotidiano di genitori ed educatori. Quella incomunicabilità tra generazioni dovuta a una realtà che corre velocissima e non ci appartiene, una distanza abissale che si crea tra noi e i nostri figli, nonostante l’impegno e l’ amore che ci mettiamo. Perché tutto ci travolge senza riuscire a stare al passo dei nostri figli perché assorbiti dal lavoro e da una società individualista . Abbiamo visto rappresentata nella serie una scuola fatta di tanta normalità, progetti e luoghi che sembrano belli e sicuri ma frequentata da insegnanti stanchi, demotivati, affannati, anche volenterosi ma incapaci di stare con i ragazzi, in un momento così delicato come la morte di una compagna per mano di un altro compagno. Mi sono confrontata con mio figlio e si è creata l’occasione per riflettere su tanti aspetti. Lui mi ha arricchito aiutandomi a cogliere anche quelli a me meno evidenti. Questa serie ha creato un occasione per ripensarci nel nostro “essere” prima che nei nostri ruoli.

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    1. Interessante ciò che dice alla fine, sui lati nascosti portati alla luce da suo figlio. Mi pare una bellissima rappresentezione di quella che chiamo “educazione bidirezionale”. Se avessimo l’umiltà di ascoltare sistematicamente quello che arriva dai ragazzi, avremmo fatto metà del lavoro. Grazie per la sua riflessione, quella di una madre sul campo, che si rende conto di quante e quali opportunità si potrebbero aprirebbero se educassimo mettendo insieme gli occhi degli asulti e dei ragazzi. Un caro saluto

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  5. Come sempre un’ottima lettura Dottore. Sono d’accordo che uno dei punti forti della serie è proprio l’assenza di giudizio e di moralismo. L’obiettivo non è indicare responsabilità o fornire ricette per una soluzione ma portare alla riflessione e a rimettersi in discussione. Non sono ancora genitore, quindi ho uno sguardo ancora molto orientato verso il figlio. Forse è per questo che, nonostante la malvagità del gesto del ragazzino protagonista, ho provato una certa pietà per lui, tristezza per come un adolescente magari con del potenziale abbia distrutto non una ma due vite: quella della vittima e la sua. Senza contare il peso che la sua azione ha scaricato sulla famiglia, travolgendola.

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    1. Anche la sua, caro Giorgio, è un’ottima lettura. Trovo che l’invito alla riflessioni di cui parla sia esito positivo di quella serie. dove non c’è giudizio crescono le domande, forse è quello che manca tra gli specialisti di cui parlo nel post, che saltano subito all’ultima pagina del racconto senza leggere quelle precedenti. Grazie mille

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