In questi giorni si è parlato molto del suicidio in carcere di Stefano Argentino, 27 anni, che lo scorso anno aveva ucciso con un coltello Sara Campanella, 22 anni, aggredendola per strada.
Il torto della povera Sara, giovane studentessa universitaria fuori sede, come il suo carnefice, era quello di non gradire la corte di Stefano, di non provare interesse per lui.
Un delitto tra tanti delitti, eppure c’è tanto da guardare nelle pieghe di questa barbara vicenda, che scavalca i confini delle giovani generazioni e pone domande pesanti a noi adulti.
Giustamente dottore lei dice che Franca Viola non viene raccontata nelle scuole siciliane, come sarebbe stato giusto fare a partire dal 1961. In verità credo che il punto riguardi in generale le scuole italiane e il tema, drammatico, dei femminicidi. Per carità, ci saranno anche insegnanti che affrontano questa drammatica attualità (e magari dirigente e genitori gli tirano la giacchetta), il punto è che non basta creare una fattispecie di reato ad hoc, per combattere il femminicidio, occorre un poderoso intervento di educazione alla affettività e alla sessualità. Ma siamo un Paese bacchettone e ipocrita, per cui affrontare questi argomenti a scuola e inserirli in modo puntuale e strutturato nei programmi scolastici resta un tabu e non un passaggio evolutivo naturale e civile.
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Lei può immaginare, caro Gianni, quali pregiudizi gravino sul mondo femminile, molte persone, senza avere il coraggio di dirlo pubblicamente, pensano che quando una donna subisce un’offesa al proprio corpo in qualche modo “se l’è andata a cercare”.
Se le dicessi che il veicolo di questa stortura spesso sono altre donne, credo lei non sarebbe in disaccordo. Le basti pensare che se un figlio è disinvolto che le ragazze viene in qualche modo ritenuto un seduttore provetto, qualcosa di cui vantarsi, se a essere disinvolta è invece una ragazza il giudizio cambia completamente. Purtroppo il problema possiede un basamento culturale importante, le basti pensare alla sollevazione di scudi dei tradizionalisti quando si parla di sacerdozio femminile o semplicemente di diaconato femminile che, secondo i timorosi, potrebbe preludere a richieste ancora più impegnative da parte delle donne, come appunto i sacerdozio. La mia opinione è che solo le donne possono salvare la Chiesa.
Il loro grimaldello dei reticenti è la tradizione che, come la bella calligrafia, è l’arte degli asini. Eppoi, come dimenticare, il primo peccatore, guarda caso, è una donna che, non contenta di essere nata da una costola del maschio (pensi alle ingiustizie generate da questa favola stupida e infondata), invece di ringraziare e obbedire, si voleva mettere in proprio. Insomma, Gianni, pensi a tutte le donne che in passato sono state sacrificate all’interesse del figlio maschio, al suo diritto di prelazione su tutto.
Quel bacchettonismo di cui parla, in realtà è al servizio del maschile, che nei secoli se l’è cantata e pure suonata. Un caro saluto e grazie
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Caro Domenico, grazie della sua riflessione.
La figura di Franca Viola a lungo, credo, volutamente, sia stata messa da parte. Troppo scomoda l’immagine riflessa in quello specchio che fu la sua eroica vicenda. La mia scuola, al nord, ne ha recentemente promosso il ricordo e sono orgogliosa che nell’ambito delle iniziative di promozione della lettura di cui sono referente da un paio d’anni trova posto un progetto di Educazione alla diversità di genere che parte dai pregiudizi fino al tema drammatico della violenza e del femminicidio. Credo che questo percorso valga molto di più che manifestazioni tematiche, certo importanti, ma è partendo da azioni educative precoci che le cose potrebbero prendere pieghe diverse. Confesso che pur vivendo da ragazza in Sicilia, scoprii questa vicenda non a scuola, ma grazie ad un film di Damiano Damiani ispirato al coraggio di Franca. Oggi, se chiedessi a qualche giovane del posto, non so se rivecerei risposta positiva in tal senso. Mi colpisce che di donne come Franca Viola o Rita Atria(ma questo è un tema un po’ diverso forse, il denominatore comune è comunque la sfida ad un contesto maschilista e patriarcale) se ne parli più altrove che non nei luoghi dove si svolsero i fatti. La mia sensazione è stata e continua ad essere questa. Tuttavia esistono iniziative controcorrente, nel 2021 per esempio, nel paese in provincia di Trapani dove risiedo in estate, queste due figure sono state ricordate e celebrate. Una goccia forse, enuna celebrazione che aggancia troppe poche coscienze… La memoria dovrebbe alimentare le nostre vite. E chi ha responsabilità educative dovrebbe tenerlo sempre a mente. Ma le celebrazioni, credo, siano solo uno dei modi per agire… Conoscenza, educazione, prevenzione devono andare a braccetto. Lei dice che Franca Viola non ha una via a lei dedicata. Davvero non ci avevo mai pensato… La ragazza di Alcamo però ne ha dedicata una a tutti noi, col suo sacrificio: quella della giustizia e del no allo status di oggetto delle donne.
Grazie ancora, con stima
Antonella
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Cara Antonella, c’è molto da fare su questo tema, al Sud di più. Una quindicina di anni fa mi sono occupato di un progetto sulla legalità che doveva interessare tutte le scuole medie siciliane. Finanziava (in modo ingente) la Fondazione Vodafone mentre Carthusia curava tutta la parte editoriale. Dopo più di un anno di lavoro abbiamo prodotto un kit (“C’è chi dice no”) meraviglioso e costoso, con tanto materiale al suo interno. Un kit curatissimo. Durante la sua preparazione abbiamo coinvolto persino i minori del carcere Bicocca, a Catania. Quel kit è stato distribuito grauitamente in tutte le scuole (ripeto, un investimento vicno al milione di euro, che ci aveva permesso anche di generare lavoro tra le cooperative sociali dell’Isola) affinché lo usassero per sensibilizzare le nuove generazioni sulla legalità.
Ebbene, pare sia rimasto negli scantinati degli istituti perché non interessava a nessuno.
Vi sono dei blocchi culturali che producono ricadute pesanti nella vita delle comunità, il tema dei diritti delle donne appartiene a questo dramma. Un caro saluto
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