Perché i ragazzi non devono mai smettere di andare ad Auschwitz

Alle gite scolastiche dirette ad Auschwitz partecipano i ragazzi, tanti ragazzi, e qualche adulto, pochi adulti. Dunque, parlare di quei viaggi, numerosi e continui, cercando di piegarli a finalità discutibili, politiche, di parte, significa operare un intervento di pessima qualità pedagogica, offendendo i partecipanti e svilendo il lavoro di chi li prepara. Tale destinazione negli ultimi decenni è stata un grande ausilio morale per i nostri figli, per la loro formazione.     

Nel febbraio del 2008 sono stato invitato dalla Fondazione Fossoli a fare da accompagnatore a seicento studenti di scuola superiore, la meta del viaggio era Auschwitz. Una di quelle “gite” che incautamente in queste ore vengono evocate a sproposito, per apportare qualche improbabile ritocco retroattivo alla storia dei fascismi europei. Ma forse non dobbiamo prendercela troppo, la ministra che si è abbandonata ad affermazioni così tristi, perché in realtà essa stessa è un manifesto della malinconia e della tristezza.  

Li incrociavo in continuazione, quei ragazzi, nei viali del campo madre, poi di Birkenau e mai nessuno di loro mi diede l’impressione di essere in gita, in un luogo dove le persone erano diventate “pezzi”, come ci raccontò proprio in quella “gita” Shlomo Venezia, che sopravvisse tagliando capelli ai condannati.

La sera prima, in un teatro di Cracovia, ci eravamo confrontati a lungo, non si era parlato di fascismo e di nazismo, ma di noi, della nostra natura, del male che siamo in grado di progettare e di infliggere. Nessuna tentazione ideologica, perché i ragazzi, allora come ora, non sono angusti come gli adulti, pensavano agli ebrei passati da quei campi, la cui unica colpa era, appunto, quella di essere ebrei, gli stessi che mai potranno essere responsabili delle nefandezze perpetrate dai loro discendenti in questi mesi. Meglio essere definitivi su questo punto.   

Stamattina è il quattordici di ottobre, in serata nei dintorni di Udine terrò una conferenza sull’Individualismo, il male di allora, di oggi e di domani, negli stessi minuti avrà luogo a pochissima distanza l’incontro di qualificazione ai mondiali del 2026 tra Italia e Israele. “Giocheranno”, non si faranno la guerra, nessuno rastrellerà ghetti e non vi saranno deportazioni. I due paesi furono direttamente coinvolti nella tragedia dell’Olocausto, con ruoli opposti, loro nella parte delle vittime, noi complici dei carnefici. Puerile speculare sul dato certo, ma soprattutto offensivo verso quei ragazzi che tutti gli anni viaggiano verso Aushwitz per “vedere” coi propri occhi e imparare ciò che non si può raccontare.  

I nostri ragazzi sono un esempio per tutti, cercano di stare dalla parte giusta, in genere quella dei deboli, sia quando si va nei campi di sterminio sia quando manifestano per i bambini di Gaza. Loro, a differenza della ministra, non sono tristi.

Per chi desidera approfondire e può accedervi, ecco il link con la riflessione completa

https://tg24.sky.it/cronaca/2025/10/14/gite-auschwitz-campi-sterminio-scuola

6 pensieri riguardo “Perché i ragazzi non devono mai smettere di andare ad Auschwitz

  1. Caro Domenico, condivido pienamente il suo pensiero su affermazioni così paradossali. Già il fatto di usare il termine “gita” credo sia offensivo, per quel luogo e per chi ci va. Non si và in gita in quei luoghi, in gita si va per divertirsi e vivere la leggerezza di un’occasione conviviale comunitaria, in posti insoliti e senza le routine giornaliere. In quei posti si va per capire. Sono ,credo, cattedrali del dolore universale dove l’uomo ha toccato il fondo. Lì non ci si chiede cosa abbiano potuto fare i nazisti, i fascisti…ma cosa abbia potuto fare l’uomo, perciò è una lezione universale. Lo dico per esperienza personale. Sono stata lì, sì, ci sono stata con mio marito. Non in gita,in pellegrinaggio. Buona conferenza, un caro saluto
    Antonella

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    1. È sconfortante, cara Antonella, che il vostro lavoro, quello che gli insegnanti svolgono per rendere la memoria un valore condiviso, possa essere sfigurato da personaggi che cercano di risolvere i loro interrogativi esistenziali sulle spalle della collettività.
      Ma, ovviamente, loro passeranno e la scuola resterà. Per fortuna. Un caro saluto

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  2. Caro Domenico, la ministra ha sbagliato bersaglio: in Italia non si sono ancora fatti i conti col fascismo, quello del Ventennio e quello eterno che ci avvelena pesantemente ancora oggi.
    Forse la ministra non sa o non ricorda che il primo campo di concentramento tedesco, Dachau, fu costruito nel marzo 1933, meno di due mesi dopo la salita al potere di Hitler, ed era destinato agli oppositori e ai diversi di ogni specie. I campi di sterminio ne sono una evoluzione.
    Ma pare che la ministra non sia tenuta a sapere nulla di tutto ciò.
    Buon lavoro a Udine

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    1. La politica, cara Giulia, è popolata di individui che confondono i confini del proprio mondo interiore con dimensione della realtà oggettiva e, per non confondersi, tendono ridurre l’universo in un cortile. Non si può fare, la storia parla chiaro e sovvertirla non è possibile, nemmeno quando la senti come uno schiaffo in faccia. Del resto la signora era figlia di radicali e radicale lei stessa, adesso mi pare stia altrove. Lo stile di vita in genere è coerente con sé stesso, e questo dovrebbe dirci qualcosa. Tuttavia, la politica, come il mondo quantistico, possiede leggi proprie, un filo grottesche, ma il potere. giustifica questo e altro. Grazie e un caro saluto

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  3. Caro Domenico,
    sentir definire “gita” un’uscita didattica di questo genere da parte di un ministro, se così si può chiamare, mi ha fatto sentire veramente avvilita come insegnante e come educatrice…non commento il resto del suo discorso e il tentativo di revisionismo storico, che ormai pervade la nostra quotidianità. Confido nei ragazzi e nella loro capacità di saper scegliere da che parte stare: in questo spesso sono molto più bravi di noi adulti. Grazie, come sempre, per le tue riflessioni che danno speranza.
    Un abbraccio,
    Micol

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    1. Cara Micol, danno più speranza le persone come te, che stanno tutti i giorni a contatto con i presunti “gitanti” e sai meglio di chiunque che i ragazzi sono più avanti della ministra. Speriamo di essere sempre più degni delle loro richieste e dei loro bisogni, più delicati di quello che noi pensiamo. Speriamo che proprio loro possano portarci fuori da questo grigio che sembra stendersi come un velo sul presente.
      Un abbraccio

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