Quando abbiamo iniziato ad allontanarci dai nostri figli

Una giornata passata per intero in un liceo del Nord, la scorsa settimana.

Avrei visto gli studenti in mattinata, nel tardo pomeriggio genitori e insegnanti. Sveglia alle 5,50, alle 7 sul treno. Dopo tre ore, sono a destinazione.

Per conoscere la scuola pubblica bisogna averne voglia, occorre entrarvi senza fare i maestrini, evitando di scrivere volumi che sembrano provenire da oltre i confini del Sistema solare, soprattutto senza esporre parcelle “carogna”, perché questo impedisce alla scuola stessa, dunque agli insegnanti, alle famiglie, e soprattutto ai ragazzi di sperimentare confronti che possono essere utili alla loro crescita, ma anche a quella dei relatori. Un bagno di realtà fa bene anche a noi cosiddetti esperti, ma farebbe bene anche a quei presunti tecnici che in realtà “servono” i ministri e il proprio ego, proiettano sulla scuola la una visione potentemente soggettiva, distante e superba, della vita.

In quegli ambienti, spesso datati e poco ospitali, vivono, con stipendi irrisori, gli artigiani che modellano il Paese. Molti abilissimi e appassionati, tanti solo per lo stipendio, qualcuno, non pochi, è fuori posto. Soprattutto vive il futuro.

Alle 11 inizio l’incontro coi ragazzi, era stato preparato con oltre un mese di anticipo, ma l’impianto audio ci tradisce, dopo le prime file non si sente nulla, senza contare che il microfono rimbomba. I ragazzi sono contrariati, io pure.

Comunque, non sprechiamo le due ore. Facendo quello che si può. Finito il tempo, due terzi dei presenti chiedono se possiamo proseguire, abbiamo lasciato dei temi in sospeso. Continuiamo a confrontarci su tanti argomenti. La loro curiosità è inesauribile. Prima di salutarci, una delegazione dei ragazzi, mi chiede la disponibilità a tornare presto, acconsento volentieri a condizione che siano loro stessi a curare l’organizzazione interfacciandosi con la scuola.

Quando salgo sul treno verso casa è buio, arriverò intorno a mezzanotte. Mi domando cosa avesse reso così gradevole quella giornata. Non riesco a trovare nulla che abbia a che fare con discorsi o concetti sofisticati. Mi torna in mente il dodicenne che qualche anno prima mi aveva raccontato “la domenica più bella” della sua vita. Era stato col padre a lavare la moto. “Non ci sono stati grandi discorsi, abbiamo fatto delle cose insieme e io mi sono sentito importante”.

Forse non è poi così difficile, loro non chiedono nulla che non sia già disponibile, in particolare si accontenterebbero di tempo e di ascolto, materiale povero.

Non vi sarebbe bisogno neppure della psicologia se ne fossimo consapevoli.

Per chi può aprirlo c’è il link che segue.

https://tg24.sky.it/lifestyle/2025/12/06/distanza-genitori-figli-ruolo-scuola-adulti

6 pensieri riguardo “Quando abbiamo iniziato ad allontanarci dai nostri figli

  1. Come figlia mi ritrovo molto in queste sue considerazioni, la mia mamma è sempre stata troppo attenta alla pulizia della casa, era la sua priorità assoluta, ancora oggi è cosi.
    Malgrado l’età avanzata e tutti i suoi acciacchi, e nonostante gli aiuti quotidiani di più donne di servizio, mi capita, quando sono con lei che mi inviti a non fare disordine, “metti apposto qui, piega di là, voglio che tutto sia in ordine….”
    Ora quasi sorrido, ma da bambina ne soffrivo, pensavo che la precedenza assoluta, l’avessero le figlie, gli affetti, poi la pulizia della casa.
    Ecco perchè il “mio giorno più bello” è stato quando, senza che io lo sapessi, mi ha aspettata all’uscita della scuola media che frequentavo,
    La rivedo bella, elegante, sorridente, venirmi incontro, prendermi la mano e dirmi: “oggi andiamo io e te a pranzo dalla zia”.
    Non ricordo quale zia e non ricordo nulla di più di quel giorno, ricordo però il suo sorriso, la sua mano nella mia, gli abiti che quel giorno mia mamma indossava.
    Ha ragione Dottore, i figli non chiedono nulla che non sia già disponibile, ed io quel giorno mi sono accontentata con grande gioia del tempo e dell’ascolto che la mamma mi aveva riservato.

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  2. La sua riflessione tocca corde profonde e autentiche ed è un invito sincero a riconsiderare le nostre priorità come adulti, genitori, educatori. I ragazzi non cercano discorsi sofisticati, ma relazioni vere, tempo, ascolto, attimi di presenza piena, che restano impressi per sempre.

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    1. Basterebbe, caro Gianni, ricordarsene sempre perché questo è l’unico, vero, segreto di ogni rapporto educativo.
      Tanto tempo fa una mamma ricevette una meravigliosa lezione dalla figlia, una bambina, che le rimproverò di non fare abbastanza per “imporsi” su di lei. Una scena “fondativa” in cui la bambina comunicava alla madre che anche essere sgridata la faceva sentire preziosa per lei. Una poesia. Quella donna, educata dalla figlia, imparò più di quanto avrebbe potuto imparara da mille sedute psicologiche.
      Un caro saluto e buonanotte

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  3. Ora che sono mamma mi sto rendendo conto che il tempo è davvero la cosa più preziosa che possiamo donare ai nostri figli
    Anche se il mio ha solo sei mesi e io sono ancora a casa in maternità mi rendo conto che è importantissimo imparare fin da subito a dare le giuste priorità, altrimenti la giornata scivola via dalle dita e in un attimo è sera e tuo figlio è già più grande senza che tu te ne sia accorto/a. Grazie, come sempre, per le tue preziose riflessioni.

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    1. Certo, cara Micol, la parola magica è “tempo”, un ingrediente sempre più prezioso, quanto le terre rare, ma indispensabile nella relazione educativa. Senza tempo non nasce nulla, come senza acqua non crescono piante. Grazie

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