4 pensieri riguardo “La malattia mentale riappare, al centro commerciale di Assago, poi torna a inabissarsi”
Ciao Domenico,
c’è da riflettere se comunque cercando “centro commerciale Assago” sul motore di ricerca Google, appaiono molti risultati di ricerca prima di arrivare alla notizia di quanto accaduto. Se fosse capitato in una piazza qualsiasi d’Italia, solo digitando le prime lettere sarebbe apparso subito tra i suggerimenti “strage/aggressione/ecc”.
Comunque la verità è che la linea tra chi compie questi gesti (che i media definiscono come estremi) e le altre persone è molto molto molto sottile.
Come già scrivevo nel post, cara Nadia, c’è una zona di confine dalla quale possono arrivare azioni inattese. Forse è quella la più pericolosa.
Tuttavia, è il concetto stesso di malattia mentale che, malgrado ogni tentativo di catalogazione, rimane inafferrabile o perlomeno non del tutto circoscrivibile. La verità è che tutti, in qualche modo, possiamo superare la linea, mobilissima, di demarcazione, quando le nostre povere difese vengono travolte da uno o più eventi sfavorevoli oppure da fatiche che superano la nostra capacità di resistere. Grazie mille
Grazie Domenico delle sue parole.
Mi sgomenta la motivazione dell’aggressore. Ricordo anche pochi anni fa a Torino la stessa insostenibilità soggettiva per la felicità, reale o solo ipotizzata, dell’altro.
Mi spaventa se penso a mio figlio in giro, con quel sorriso aperto che nasce da tanti pensieri pesanti che però non traspaiono.
Ma mi spaventa anche perché un po’ capisco quell’invidia, alimentata da un mondo fittizio, zuccheroso e ritoccato al limite della verosimiglianza. Mi spaventa che il confine tra chi sa valutare il luccicare, chi si rode il fegato e vive male e chi si arma ed uccide è davvero di pochi passi.
Forse se fossimo disposti ad accettare questa prossimità con chi ha fatto quell’ultimo passo, la malattia mentale sarebbe un po’ meno reietta ed aliena.
Non so che risorse personali e sociali richiederebbe questa accettazione, certo ha ben ragione lei a sottolineare come al momento siano in carico esclusivamente ai familiari.
Nelle stesse ore un carabiniere rientrato da un congedo per cure psichiatriche ha ucciso il proprio comandante. Altre domande, ancora la percezione che più il malato è percepito lontano dai “normali” più lo si precipita in una lontanza sempre più ineluttabile.
A pochi è dato di trovare un riscatto nella propria malattia, perciò mi permetta di citare Alda Merini a tredici anni dalla morte: “Ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dal uomini” (da L’altra verità).
La verità, cara Giulia, è che i malati mentali ci ricordano troppo da vicino che noi siamo appena oltre i confine e che prima o poi potremmo toccarci, per questo sono diventati dei fantasmi, che tutti vorremmo tenere in quella condizione, ma, purtroppo per i nostri disegni, sono esseri umani, spesso ancora più umani degli umani, perché dal loro punto di stazione vedono più cose, compreso il vuoto delle loro vite, che le luminarie delle nostre fa apparire ancora più desolato. Il nostro rapporto coni malati psichici è un rapporto di rimozione e come tutte le rimozioni anche la nostra deve fare i conti con la realtà che si impone, lasciandoci senza parole. Ma, non dobbiamo preoccuparci, l’oblio tornerà presto e noi stare meglio. Fino al prossimo incidente.
Ciao Domenico,
c’è da riflettere se comunque cercando “centro commerciale Assago” sul motore di ricerca Google, appaiono molti risultati di ricerca prima di arrivare alla notizia di quanto accaduto. Se fosse capitato in una piazza qualsiasi d’Italia, solo digitando le prime lettere sarebbe apparso subito tra i suggerimenti “strage/aggressione/ecc”.
Comunque la verità è che la linea tra chi compie questi gesti (che i media definiscono come estremi) e le altre persone è molto molto molto sottile.
Ciao e buona serata 😊 Nadia
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Come già scrivevo nel post, cara Nadia, c’è una zona di confine dalla quale possono arrivare azioni inattese. Forse è quella la più pericolosa.
Tuttavia, è il concetto stesso di malattia mentale che, malgrado ogni tentativo di catalogazione, rimane inafferrabile o perlomeno non del tutto circoscrivibile. La verità è che tutti, in qualche modo, possiamo superare la linea, mobilissima, di demarcazione, quando le nostre povere difese vengono travolte da uno o più eventi sfavorevoli oppure da fatiche che superano la nostra capacità di resistere. Grazie mille
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Grazie Domenico delle sue parole.
Mi sgomenta la motivazione dell’aggressore. Ricordo anche pochi anni fa a Torino la stessa insostenibilità soggettiva per la felicità, reale o solo ipotizzata, dell’altro.
Mi spaventa se penso a mio figlio in giro, con quel sorriso aperto che nasce da tanti pensieri pesanti che però non traspaiono.
Ma mi spaventa anche perché un po’ capisco quell’invidia, alimentata da un mondo fittizio, zuccheroso e ritoccato al limite della verosimiglianza. Mi spaventa che il confine tra chi sa valutare il luccicare, chi si rode il fegato e vive male e chi si arma ed uccide è davvero di pochi passi.
Forse se fossimo disposti ad accettare questa prossimità con chi ha fatto quell’ultimo passo, la malattia mentale sarebbe un po’ meno reietta ed aliena.
Non so che risorse personali e sociali richiederebbe questa accettazione, certo ha ben ragione lei a sottolineare come al momento siano in carico esclusivamente ai familiari.
Nelle stesse ore un carabiniere rientrato da un congedo per cure psichiatriche ha ucciso il proprio comandante. Altre domande, ancora la percezione che più il malato è percepito lontano dai “normali” più lo si precipita in una lontanza sempre più ineluttabile.
A pochi è dato di trovare un riscatto nella propria malattia, perciò mi permetta di citare Alda Merini a tredici anni dalla morte: “Ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dal uomini” (da L’altra verità).
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La verità, cara Giulia, è che i malati mentali ci ricordano troppo da vicino che noi siamo appena oltre i confine e che prima o poi potremmo toccarci, per questo sono diventati dei fantasmi, che tutti vorremmo tenere in quella condizione, ma, purtroppo per i nostri disegni, sono esseri umani, spesso ancora più umani degli umani, perché dal loro punto di stazione vedono più cose, compreso il vuoto delle loro vite, che le luminarie delle nostre fa apparire ancora più desolato. Il nostro rapporto coni malati psichici è un rapporto di rimozione e come tutte le rimozioni anche la nostra deve fare i conti con la realtà che si impone, lasciandoci senza parole. Ma, non dobbiamo preoccuparci, l’oblio tornerà presto e noi stare meglio. Fino al prossimo incidente.
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