Gianluca Nicoletti, suo figlio Tommy e noi graziati dall’autismo

Ieri mi sono imbattuto in un’intervista a Gianluca Nicoletti, notissimo giornalista nonché genitore di un ragazzo autistico di 24 anni. L’ho letta con i sensi del padre e del cittadino, dimenticandomi del mio lavoro, che nel caso dell’autismo è come un corridore senza gambe. 

Un uomo dolente, diretto, competente suo malgrado, acutissimo. Persino la sua rabbia, tanto giustificata quanto composta, motivata e argomentata, è ricca di passaggi che possiedono la nitidezza di una radiografia, così precisa da essere imbarazzante, che svela molto del nostro paese e di ciascuno di noi, rivelando caratteri e pressapochismi in cui non è difficile riconoscersi.  

Tra le osservazioni mi colpisce, non perché sia la più drastica, l’accenno alla superficialità con cui viene affiancato a bambini e ragazzi autistici personale scolastico raccogliticcio, senza alcuna competenza specifica, a fronte di un impegno severissimo, che richiederebbe un talento umano e professionale fuori dal comune. Il giornalista accenna alle responsabilità dei sindacati della scuola, che si oppongono a una carriera specifica dedicata al sostegno. 

La disabilità come mezzo per accumulare punteggi in funzione del posto “di ruolo”. Il soggetto è il lavoratore, non la creatura da servire. Un perverso rovesciamento di ruoli e di priorità. 

Non possono lasciare indifferenti le parole che evocano l’angoscia, propria e di tutti i genitori di ragazzi autistici, afflitti dal pensiero di un “dopo di noi” privo di tutele, in balia di una politica che mette nastrini e luminarie ma non si rende davvero conto delle fatiche improbe cui sono sottoposte più di mezzo milione di famiglie, sforzi poveri di gratificazioni, perché i risultati si fanno attendere e non è affatto sicuro che arriveranno. Oltre al durissimo quotidiano, un gravame esistenziale che solo un genitore può intendere. 

Proprio per rispetto a tale complessità, non mi sono mai occupato di una sindrome così esigente, solo in tempi recenti vi è stata qualche eccezione, non troppo impegnativa però, con ragazzi della fascia meno severa, come la sindrome di Asperger, trovandomi di fronte a un modo di essere che, dopo quarant’anni di professione, riesce ancora a stupirmi. 

Sfaccettature inattese, amare consapevolezze non sempre presenti nelle persone che portano i segni dell’autismo sulla loro carne, ma di sicuro reperibili all’ennesima potenza nei genitori, chiamati ad affrontare, per di più in solitudine, esami quotidiani di complessità estrema, che la società fatica a condividere. Un fenomeno vastissimo, difficile da definire, aspro da affrontare, anche per la scienza, che di fronte a questa sindrome non può vantare grandi successi, anzi in passato si è macchiata di qualche intemperanza di troppo, provocando sofferenze che si sono aggiunte a stati d’animo già molto provati.

Attraversiamo la vita, questo tempo, tutti insieme, apparentemente portando gli stessi fardelli, ma non è così, la distribuzione dei pesi è sommamente ingiusta. Le famiglie delle persone autistiche non vogliono commiserazione, credo ne siano nauseate, chiedono uno Stato capace di soccorrerle con competenza, rendendo la loro esistenza meno faticosa, considerato che si fanno carico di esseri umani che appartengono a tutti.

2 pensieri riguardo “Gianluca Nicoletti, suo figlio Tommy e noi graziati dall’autismo

  1. Il dolore lucidissimo di Gianluca Nicoletti è ogni volta una sferzata ma finché non diventerà un dolore comune, condiviso, temo che non cambierà nulla.
    Da alcuni anni tre padri (Nicoletti, Nico Acampora e Stefano Belisari “Elio”) hanno cominciato a fare rumore, perché hanno visto che il loro rimboccarsi le maniche non basta: non basta per i loro figli, tantomeno per gli “altri” figli, quelli che non hanno privilegi e risorse.
    Li ammiro e sono sgomenta per la loro fatica senza fine e spesso apparentemente senza speranza, viste la presunzione e la faciloneria con cui lo Stato interviene (il poco che interviene).
    Grazie per la consueta delicatezza con cui ci ha proposto queste sue considerazioni.

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    1. Non c’è nulla da fare, cara Giulia, la classe politica non è qualificata, umanamente e civicamente, per comprendere che i problemi del Paese sono soprattutto questi. Facciamo due conti, 500 mila persone autistiche, 1 milione di genitori, 2 milioni di nonni, chissà quanti milioni di fratelli e parenti stretti. Un esercito, liquidato spesso con delle avvilenti parole di circostanza e di propaganda. Grazie

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