I bambini fanno domande su ogni cosa. Quando loro chiedono noi siamo costretti a pensare. Dovremmo ringraziarli per la loro curiosità.
Una signora non sapeva cosa rispondere al suo bambino a proposito delle lacrime di Trevignano, località alle porte di Roma. Quella del bambino era una domanda “suggestiva” perché presuppone che la statuetta della Madonna, di ceramica, trasudi davvero qualcosa, che il fenomeno sia reale.
Dopo analisi effettuate su un campione, in laboratorio, molte testate scrivono che quelle lacrime sarebbero compatibili con “sangue di maiale”.
In queste ore cade una festa fondamentale per il cattolicesimo ma anche per la civiltà intera. La Pasqua.
I credenti guardano con emozione a questo giorno, i non credenti con rispetto.
Penso a quelle persone inginocchiate sulla terra a Trevignano, alcuni con espressioni esaltate, e mi chiedo se tutti abbiamo chiaro cos’è davvero la religione e che cos’è davvero il cristianesimo, cos’è davvero la Pasqua.
Qualche anno fa ne avevo scritto, insieme a una grande illustratrice, Emanuela Bussolati. Su questo blog se n’è già parlato, ma giova ripetere due concetti fondamentali sviluppati in quella pubblicazione.
Se una persona dice, ad esempio, di credere in Gesù, deve avere presente che il Vangelo sostiene, in sintesi, che c’è un solo Dio e dunque, per stretta conseguenza logica, siamo tutti fratelli. Immaginare di seguire questa religione ed essere razzisti, prendersela con gli stranieri, coi gay e altro ancora, è un pesante autoinganno. Dunque, chi si rotola per terra presso il podere di Trevignano in segno di prostrazione, farebbe meglio a stare comodamente in piedi, eviterebbe anche qualche spiacevole incidente ortopedico.
Prima di intasare le strade che conducono al sito, a caccia di lacrime della Madonna, sarebbe meglio che costoro si domandassero come sono messi coi “fratelli”, perché quella è la linea di demarcazione tra una sana religione e il magismo.
Talvolta mi accade di parlare della raccomandazione definendola “crimine sociale grave”, ma qui aggiungo che è un’infrazione religiosa ancora più seria, perché viola il principio fondamentale del cristianesimo, quello della fratellanza. Solo chi è stato danneggiato personalmente da tale pratica ne comprende tutta la drammaticità, gli altri minimizzano, eppure si tratta di un comportamento responsabile di due gravissime conseguenze, entrambe contro l’interesse collettivo.
La prima riguarda la mortificazione del talento, un patrimonio collettivo cui il Vangelo dedica una celebre parabola. Se assegniamo arbitrariamente dei posti delicati a individui meno capaci degli esclusi, danneggiamo tutto il gruppo sociale.
La seconda attiene alla reazione di coloro che sono stati ingiustamente privati di un diritto, i quali, comprensibilmente, coltiveranno risentimenti generatori di indolenza sociale, ossia cesseranno di contribuire al bene comune.
Una sottile e giusta vendetta.
Alla domanda, che cosa deve fare un genitore per parlare di religione a un bambino (su questo blog trovate il link, la trasmissione è “uomini e storie”, in onda su Radiotre), avevo risposto che può risparmiarsi le parole, perché i principi religiosi si possono trasmettere solo per via testimoniale. Non ci sono né santi né madonne piangenti.
Dunque, per rispondere al bambino che vuole sapere delle lacrime della statua, basterebbe dire che la Madonna non fa spettacolo a beneficio di chi cerca di costruire chioschi di bibite e panini imbottiti vicino al cuore delle persone, bancarelle di souvenir sul sentimento religioso degli esseri umani. Quella donna, lo dico da laico, ciò che doveva dire l’ha detto con la sua vita, proprio ai piedi della croce del figlio. Il resto arriva dagli scantinati di un’umanità che considera il sentimento religioso uno dei tanti business del mondo e pensa che sia indipendente dai propri passi di tutti i giorni.
Completamente d’accordo!
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Grazie per avere letto.
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una preziosa lezione di religione da un laico
a proposito, mi permetto di ricordare la definizione di “laico”, come si può trovare in rete anche nel dizionario Treccani: Etimologicamente il termine laico deriva dal gr. laïkós ovvero “del popolo” quindi che vive tra il popolo secolare non ecclesiastico, e che non possiede la conoscenza filosofico – teologica prerogativa della casta sacerdotale. Infatti è proprio questa la differenza.
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Grazie Mauro, anche per la notazione della laicità, una condizione ideale perché consente di osservare senza
pregiudizi di parte. Nella laicità c’è il movimento verso l’ignoto, verso la possibilità. Niente è dato, niente è escluso, e non c’è alcunché da difendere, se non l’onestà del ricercatore.
Un caro saluto
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“Se una persona dice, ad esempio, di credere in Gesù, deve avere presente che il Vangelo sostiene, in sintesi, che c’è un solo Dio e dunque, per stretta conseguenza logica, siamo tutti fratelli”.
Basterebbe elaborare e fare proprio questo principio, per costruire un mondo più tollerante, più equo, più accogliente. Al contrario le religioni (e molti “credenti”) spesso seminano divisioni, intolleranze, integralismi e violenze, materiali o esistenziali. Succede oggi, ma la storia è costellata di esempi in questa direzione, certo il punto non è ‘il messaggio’, ma chi se ne fa interprete e testimone e chi usa la religione come una bandiera o una clava.
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Grazie Gianni, nel passaggio che lei cita, in effetti, c’è il condensato della religione cristiana. Una religione semplice, lineare, che non avrebbe bisogno di esegeti ma di esecutori. Ma, ammetterà, è più facile affaccendarsi dietro un percorso interpretativo piuttosto che impegnarsi per mettere in pratica ciò che è evidente.
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