La religione fai da te, che esalta il controllo e distrugge la fiducia nell’altro 

Abbiamo toccato diverse volte il tema della religione, data la sua importanza nei rapporti tra gli adulti, i bambini e i ragazzi. Interazioni che modellano i minori e che poi, a cascata, fanno cultura nella società.

Ma le religioni sono fatte di uomini e questi ultimi tendono a confondere le loro attese con i principi della confessione praticata, interpretandoli a piacimento, spesso secondo esigenze autobiografiche. Operazione piuttosto agevole poiché le religioni e le persone che parlano in loro nome, a differenza della scienza non devono dare conto di ciò che affermano e neppure dimostrare la fondatezza delle loro proposizioni. 

Nei giorni scorsi mi è accaduto di registrare due episodi piuttosto interessanti, a tale proposito.

In un teatro milanese è in cartellone da anni uno spettacolo basato su balletti classici cinesi. Le scenografie, luminosissime, davvero ipnotiche, ricordano le illustrazioni presenti nelle riviste della galassia dei Nuovi Movimenti Religiosi. 

Oltre ai balletti, sono state eseguite un paio di romanze, la seconda conteneva nel testo l’affermazione “L’ateismo e l’evoluzionismo avvelenano i cuori”, che il soprano ripeteva in modo accorato, ma era stata l’intera rappresentazione a mettermi la pulce nell’orecchio. Una volta arrivati a casa, una rapida indagine mette in evidenza il legame della compagnia con un gruppo orientale e la relativa disciplina spirituale. Mi rendo conto che, in maniera neppure tanto mascherata, sono stato fatto oggetto di un’opera di proselitismo. L’evento è reclamizzato come un grande successo planetario, con la complicità, spero involontaria, di testimonial del mondo dell’imprenditoria e della cultura, “catturati” e intervistati alla fine dei tanti spettacoli, dai quali in effetti si esce carichi di emozioni, di musica e di colori. 

È stata la consuetudine con l’osservazione nonché l’attenzione che da sempre riservo a queste realtà a fare scattare il campanello d’allarme, ma mi chiedo quanti tra i 2400 spettatori, tra i quali vi erano diversi giovani e bambini, si sono accorti delle parole antiscientifiche contenute in quella canzone, dell’indirizzo spirituale molto caratterizzato che attraversava tutta la rappresentazione, dove si mischiano elementi fiabeschi a chiarissime letture politiche. 

Le mie responsabilità sono innegabili, mi sarei dovuto informare prima. 

Il secondo episodio riguarda un movimento cattolico, il cui esponente di spicco, un medico, difensore strenuo della famiglia tradizionale e fiero avversario della comunità Lgbtq+, è diventato da qualche giorno consulente antidroga del governo italiano. Non voglio qui dilungarmi sulla reale compatibilità di questo movimento con la dottrina della chiesa cattolica, in quanto non praticante questo tema non mi tocca, rimango nel mio recinto di studioso e osservatore, limitandomi a segnale un’affermazione del neo-consulente, dalla quale si evince una visione pedagogica fortemente controllante e gerarchizzata, tipica della cultura cui appartiene, basata su presupposti di diffidenza verso i minori in generale e verso la stessa umanità, sottoposti da tenere per mano. Non è un caso se il leader di un altro movimento scriveva negli anni Sessanta che “educare vuol dire far seguire e basta”

Ma torniamo al consulente antidroga, che si sceglie subito un bersaglio, per l’esattezza il commissario Rocco Schiavone, poiché “dal punto di vista educativo fa molto male, perché vedi un personaggio, un commissario, che si fa gli spinelli e conduce la sua normale attività e questo è falso e sbagliato”. Mai una parola sui tormenti che attraversano il complessissimo animo umano, figli di quell’unicità con cui ci si sciacqua la bocca e che poi si interpretano alla stregua di moti della massa informe, da controllare e orientare. Silenzio sugli stati esistenziali, singolari e non replicabili, che chiedono ascolto e rifiutano giudizi e bacchettate

Non mi pare che quella fiction sia seguita da un pubblico particolarmente giovane, ma ciò che trovo intollerabile è il sottotesto, arcaico e irrispettoso della libertà delle persone, accompagnato dalla pretesa che nascondere la marmellata produca risultati educativi auspicabili. Insomma, “non aprite quella porta”. 

L’unico modo legittimo per trasferire principi religiosi è quello testimoniale, ossia incarnare nel proprio comportamento le cose in cui si crede, il resto, direi, non può essere preso in considerazione. In questo senso la religione somiglia molto all’educazione, funziona solo se chi afferma un principio è in grado anche di rappresentarlo concretamente. In altre parole, non è Rocco Schiavone che educa, ma la famiglia, che quando è davvero incardinata su principi cristiani, si impegna a coltivare l’originalità di ogni soggetto attraverso la costruzione di un solido rapporto di fiducia, con tutti i rischi che questo comporta e che la libertà giustifica. Non se la prende, una famiglia religiosa, con gli omosessuali e con gli stranieri, ma soprattutto non fa comunella con soggetti inospitali, omofobi e mutilati della compassione.  

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