Una scuola davvero libera non può essere ideologica 

“Educare vuol dire far seguire e basta”, scriveva una sessantina di anni fa un sacerdote, forse sopravvalutato, di certo letto selettivamente, secondo un’abitudine, rovinosa, di giudicare il pensiero di un individuo con informazioni di quarta mano o magari omettendo gli scritti che meglio rivelano le finalità dell’autore.

Affermazioni che suscitano forti perplessità, dalle quali emerge limpida una visione educativa che nega il contributo fondamentale del minore, privando la relazione di bi-direzionalità e collocando il controllo integrale del “processo” saldamente nelle mani dell’adulto, concetto rinforzato dall’esortazioni a “fidarsi” ciecamente della guida, posta al sicuro, fuori dall’ombrello dello spirito critico dell’educando.

In un saggio del 1960, si afferma che “soltanto una scuola impostata con una preoccupazione ideologica precisa, il più possibile in connessione con l’ambiente in cui il ragazzo è sorto… può normalmente offrire un’educazione intensa e feconda…”.   E poi, “Il giovane diventa tanto più se stesso, quanto più rimane innanzi tutto fedele alla realtà da cui è sorto”.  Quindi, il giovane non deve contaminarsi di stimoli diversi da quelli che giungono dalla famiglia e delle sue estensioni fiduciarie.
Qui la perplessità di prima si fa sgomento. Evidentemente a quell’uomo non piaceva una scuola popolata di studenti e di insegnanti con diverse provenienze culturali e ideologiche, perché ciò, seguendo il suo ragionamento, avrebbe disorientato il ragazzo: “L’esperienza infatti insegna che il risultato del prematuro confronto con contrastanti idee sui problemi fondamentali dell’interpretazione della vita disorienta il giovane, non lo orienta: il che non è confortante risultato per una educazione”.

Ora, se l’educazione, come egli affermava, è un’introduzione alla realtà, sarebbe interessante sapere quale realtà avesse in mente e quando pensava che una persona potesse cominciare a incontrare quelli posti fuori dal recinto ideologico. 

A leggere quelle parole si avverte un senso claustrofobia, di estraneità, di diffidenza rispetto ai propri simili. Stiamo parlando di una proposta pedagogica che arriva da un pensatore cattolico.

In sostanza, la ragione per la quale egli sembrava credere nella scuola privata, riguarda la preoccupazione che il contatto con il mondo possa inquinare gli sforzi pedagogici della famiglia, il progetto “ideologico”. Mi chiedo quale può essere il grado di solidarietà di un minore così educato verso chi che non proviene dall’ambiente “da cui è sorto”

Se spingiamo tale premessa alle sue estreme conseguenze, diventa chiaro quanto sia doveroso uno sforzo responsabile per migliorare la scuola pubblica, proprio perché essa, al contrario dell’altra (che pure possiede tutto il diritto di esistere), è scevra da una “precisa preoccupazione ideologica”, anzi è un campionario vasto di posizioni ideologiche, secondo le culture dei docenti, che non disorientano affatto, anzi fanno comprendere al giovane che la diversità è la vera cifra dei gruppi sociali.   La scuola, dunque, specchio dei molteplici ingredienti presenti nella società.

Non possiamo affermare qui, sarebbe temerario, che gli insegnanti della scuola pubblica sono migliori né possiamo affermare che lo siano quelli della scuola privata, non è questo il punto. Semmai è il principio di fondo a fare pendere l’ago della bilancia verso un contesto dove il bambino e poi il ragazzo entrano precocemente in contatto con il brodo caotico della società complessa, dove non esistono schemi bipolari e nemmeno modelli di collettività da perseguire, perché la persona non si può asservire a nulla, che non sia il rispetto di se stessa e dei simili.

La scuola fondata su una preoccupazione ideologica, anche quando è ispirata alle migliori intenzioni finisce per negare l’originalità dei soggetti, allo stesso modo in cui la negava la pretesa collettivista della pedagogia di Anton S. Makarenko.

La persona umana è parte di una specie cooperativa, dimensione, però, dove non abbiamo il diritto di annegarla, perché la sua originalità rimane l’ingrediente costitutivo del gruppo umano, lo scalpello che lo modella e che a sua volta modella l’individuo.

La scuola, una scuola non ideologica, che non dispensa verità preventive, è il luogo dove questo scambio si esalta maggiormente, creando le condizioni per un progresso, individuale e sociale, giusto. 

2 pensieri riguardo “Una scuola davvero libera non può essere ideologica 

  1. Sante parole!
    La cosa peggiore dello scenario che ha illustrato è non la fragilità del confine tra carisma e manipolazione ma l’evidente mancanza di fiducia su cui si basa (paradossale per un modello che fa della Fede la propria arma principale).

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    1. Non è paradossale, cara Giulia, quando ci si infila in certe sequele carismastiche, lo spirito critico si accartoccia e tutto diventa vero, basta che arrivi dalla parte giusta, dalla persona eletta.
      Anche questo deve spingerci a tutelare tutti quegli spazi dove la diversità può coesistere pacificamente. Proprio l’assemblea costituente, un potente concentrato di alterità culturali, ne è la prova, basta guardare l’esito dei suoi lavori. Grazie

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