Diversi anni fa mi è stata portata in studio una ragazzina di origini sudamericane, adottata da una famiglia della Bergamasca. Aveva la pelle maculata a causa di tentativi continui di schiarirsi la pelle con la candeggina, il cui unico risultato erano alcune chiazze vistosamente più chiare.
Era spaventata, gli occhi fissi contro il muro. Nei giorni precedenti aveva subito un’aggressione in un parco vicino casa, dove stava chiacchierando serenamente con un’amica.
L’azione era partita repentinamente quando una signora di una certa età si era messa a gridare dal balcone di essere stata derubata. Alcuni giovani presenti al parchetto, culturalmente istigati dal lavoro ai fianchi di un partito politico, che prima dell’arrivo delle persone di colore si era esercitato a lungo con la gente del Sud, si erano fisicamente scagliati contro l’ignara ragazza, creandole ferite interiori che avrebbero profondamente sconvolto la sua vita per sempre.
Nei giorni successivi, il sindaco di quella cittadina, appartenente al partito di cui sopra, persona davvero primitiva, avrebbe inviato una lettera a un settimanale, rispondendo a una serie di quesiti che avevo posto in un articolo. Affermava, senza vergogna, che se qualcuno avesse gridato al ladro e nei dintorni vi fosse stata una persona di colore, lui avrebbe ritenuto normale che si considerasse la maggiore sospettata.
Non siamo nel Mississippi degli anni Sessanta, ma a casa nostra.
Molti di voi rimarranno scossi da questo racconto, eppure la situazione di oggi non è molto diversa, non illudiamoci. Poche settimane fa in studio avevo visto una bambina di colore, simpatica e geniale, ma schiacciata dalla percezione di essere “diversa”, grazie al contributo dell’ambiente circostante. Mi accade con una certa frequenza di registrare parole e atteggiamenti riprovevoli nei confronti di chi riteniamo fuori da standard decisi ad arbitrio.
Quando qualcuno si sente diverso è perché altri lo fanno sentire tale. Non stiamo parlando di estranei, non illudiamoci, questi sentimenti toccano tutti noi in prima persona, anche chi crede di esserne immune, ma soprattutto interpellano la nostra responsabilità personale.
In queste ore di guerre e di pandemia, ma anche di grande irragionevolezza nelle istituzioni pubbliche, la tentazione di cercare risposte fuori di noi diventa ancora forte, ma è illusorio pensare che ne troveremo, tutto accade sempre a causa nostra, anche quando non abbiamo fatto niente o ci siamo limitati a stare zitti.
Ricordiamocene. Ogni volta che un bambino e un ragazzo dovrà chiedere scusa per il colore della pelle, per l’orientamento sessuale o per qualsiasi altra forma di diversità, che non sia etero-lesiva, sarà colpa nostra, così come sarà colpa nostra la scelta di governanti che speculano sulle nostre paure più riposte, preparando per i nostri figli un inferno senza ritorno, un mondo in cui le graduatorie saranno fatte con la scala dei colori e il risentimento, prodromo di tutti i conflitti, sarà la condizione prevalente.
Alla fine, saranno travolti proprio quei figli che pensavamo di proteggere. Da cosa, poi, non si capisce. Quello che è certo è che sulle nostre ansie, persone prive di scrupoli banchettano.
Quando la polizia ha femato a Milano il calciatore Bakayoko senza sapere chi fosse mi sono chiesta se un ragazzo dalla pelle bianca avrebbe ricevuto quel trattamento. Una volta accertati i dati dell’ uomo, il poliziotto che lo perquisiva come se avesse davanti un terrorista, è sbiancato. Chissà perché?
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Pensa che nel post avevo inserito l’episodio di cui parli, poi mi sono detto che avrei oscurato il senso profondo di ciò che cercavo di dire. Comunque la tua osservazione è più che legittima, le cose stanno esattamente come dici. Grazie
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Caro Domenico, è il dramma artificiale sull’ornitorinco, “mostro” per mancata adesione alle classi tassonomiche decise dagli studiosi. Per fortuna lui vive benissimo fregandosene delle proprie incongruenze, a differenza di noi esseri umani.
Noi tendiamo a considerare sovrapponibili riconoscimento e definizione, che invece sono ben diversi: centrato sull’accoglimento della singolarità personale il primo, basata su parametri esterni la seconda.
In questo senso mi preoccupa anche (allargando un poco il cerchio) l’approccio alle questioni di genere a base di etichette e definizioni: mi pare che nella buona intenzione ci sia il medesimo errore di metodo.
Mi spiace moltissimo per queste ragazzine che hanno sperimentato l’ignoranza del pregiudizio sprezzante, senza che nemmeno il passare del tempo abbia segnato una qualche evoluzione tra le due disavventure.
Leggendo mi è tornato in mente il discorso di Sidney Poitiers a suo padre nel film Indovina chi viene a cena (cito a memoria): 《Papà, tu ti consideri un uomo di colore, io mi considero semplicemente un uomo》. Mi sa che sarà sempre troppo tardi.
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La paura di ciò che è diverso, cara Giulia, per quanto riprovevole può e per quanto colpevole, alla fine si può
spiegare, quello che invece non è spiegabile e neppure perdonabile è il comportamento di chi lucra su questa paure primordiali, fomentandole e incassando ricchi dividendi.
In questi giorni avrà visto il solito politico che ostenta la croce francescana e nello stesso tempo sembra avere il chiodo fisso dell’invasione straniera. A me piacerebbe che qualche sacerdote lo cacciasse da un chiesa, sarebbe un segnale rivoluzionario e metterebbe molte cose in chiaro. Buonanotte.
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Purtroppo la perversione del messaggio di Gesù di Nazareth è antica quasi quanto il cristianesimo stesso.
Paolo di Tarso fu tranchant con i cristiani di Corinto che andavano alla Cena del Signore senza condividere cibo e vino: chi si comporta così lo fa per la propria condanna (1Cor 11, 20-29).
Lei ha perfettamente ragione: chi ostenta la forma del Cristianesimo ed agisce contro la sua sostanza va additato e in caso cacciato.
Anni fa, ai tempi della Bossi-Fini, il mio allora parroco disse molto chiaramente durante la Messa che non ci di poteva professare cristiani se si appoggiavano simili provvedimenti.
Non le dico i borbottii stupiti di tante “brave persone”.
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Una ragazza, di grande serietà e maturità, nei giorni scorsi si è recata al gay pride. Si è sentita rimproverare dal suo parroco per essersi confusa con quella “carnevalata”.
“Il mio rapporto con la chiesa cattolica, si chiude qui”, è stato il commento della ragazza.
Il paradosso è che chi vuole affondare i barconi può liberamente prendere la comunione, mentre a una coppia di divorziati risposati questo privilegio è severamente vietato. Grazie
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Ho la fortuna di essere insegnante. Nei miei tanti anni di insegnamento ho incontrato bambini provenienti da tutto il mondo, pur lavorando in un piccolo comune dell’est milanese . Considero questa esperienza un valore aggiunto alla mia vita interiore. Non dico che non sia difficile, ma é possibile attraverso l’esercizio dei valori umani: l’ascolto, l’empatia, la compassione, l’aiuto. Con i bambini piccoli é facile, ma tra gli adulti non lo é. Il pregiudizio appartiene a coloro che non hanno una minima conoscenza ed esperienza di realtà diverse al di fuori del proprio cerchio ristretto di persone e giudicano fatti, situazioni e persone attraverso chiavi di lettura presentate ad hoc da questi fomentatori. Non vedo soluzioni. Penso che la scuola abbia una responsabilità , ma se non viene sostenuta con atti concreti, gli sforzi di tanti bravi docenti cadranno nel vuoto. Vorrei vedere più sostegno da parte della politica per il mondo della scuola, ma confesso che nell’ultimo ventennio ho sperimentato solenni delusioni.
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Cara Antonella, avrà notato che c’è stato un viraggio del blog verso le aule scolastiche, proprio perché è forte la consapevolezza
che, ancora prima della politica, molto prima della politica, è la scuola che può rimodellare il Paese, a patto, come lei ricorda, che non venga lasciata da sola. C’è da lavorare, tanto, eppure ci sono energie che possono decidere positivamente la partita. Grazie
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