Maria è calabrese, insegnava francese. Oggi è in pensione. È persona buona e molto sensata, mentre le racconto che sono appena tornato dalla sua regione, si mette a magnificare le bellezze di quella terra. Rispondo schiettamente, proprio perché mi porto dentro le sensazioni maturate in quei viaggi, che si sono protratti per 4 mesi, per un totale di 12 giorni. “Della bellezza non ce ne facciamo proprio nulla. La Calabria, oltre a essere la regione più povera e degradata d’Europa, soffocata dalla malavita e dalla massoneria, è un posto dove non funziona quasi nulla e le speranze per i giovani sono ridotte al lumicino”.
Vorrei precisare che lavorare in Meridione, per me che sono nato in Sicilia rappresenta un impegno civile, ragione per cui non chiedo parcelle, salvo un’unica occasione, lo scorso anno, perché il committente era il comune assai prospero di un arcipelago campano.
Mi guarda malinconica e conferma, salvo sottolineare con un sorriso che il mare è bello. “Maria, quando mi accade di parlare in Friuli, chiedo sempre di essere alloggiato a Grado. Il suo mare per centinaia di metri non supera mai la caviglia, ma quello che c’è intorno rende la vita delle persone molto migliore. Se ami davvero la tua regione guardala negli occhi, la bellezza di un luogo non è fatta solo di mari e monti”.
Chi rifiuta di guardare negli occhi i fatti, ma indulge in un orgoglio inappropriato e degno di miglior causa, è una dirigente scolastica, da poche settimane assessora regionale all’istruzione della Calabria che, con parole, davvero avventate e irrealistiche, esulta per il record nazionale di cento, molti pure con la lode, ottenuti dai maturati della sua regione. Dimentica il particolare che proprio gli studenti calabresi di quinta superiore sono risultati ultimi, pure rovinosamente, ai test Invalsi effettuati questa primavera. Attenzione, non ultimi in disegno, recitazione e canto, bensì in matematica e italiano.
Forse era meglio farla da furbi e tacere, così nessuno si accorgeva dello sfasamento e si evitavano domande imbarazzanti, molto imbarazzanti. Invece la neo-assessora si è voluta lanciare in un ditirambo, tipico di chi pensa che le parole possano aggiustare tutto oppure di chi crede che la propria presenza, sia pure agli esordi, abbia già avviato un iter miracoloso.
Sentite quanta enfasi nelle parole dell’assessora, riportate, con una buona dose di sarcasmo, da un quotidiano nazionale: “Tra giugno e luglio si raccoglie il grano, vero oro dei popoli, lo si accatasta, si fanno i conti, e poi si valuta che stagione è stata. Nonostante anni connotati da stravolgimenti di ogni tipo dettati da una pandemia devastante, in una terra già difficile quanto ricca di potenzialità quale è la Calabria, il raccolto quest’anno è stato più che soddisfacente: i ragazzi della nostra terra svettano in cima a tutte le classifiche d’Italia, grazie ai loro risultati alle prove di maturità”. Sono gli stessi ragazzi di quinta, reduci dal clamoroso rovescio alle prove Invalsi.
L’abitudine degli insegnanti meridionali di largheggiare, solo nelle scuole del Sud, coi voti di maturità, è leggendaria, ogni anno siamo chiamati a commentare simili “eccellenze”, che rimandano a paradisi terrestri inesistenti. Buoni samaritani che fanno finta di non rendersi conto dell’effetto antipedagogico e rovinoso, della loro disinvoltura.
Tanto per cominciare, sarebbe interessante domandarsi qual è il messaggio, educativo e civico, che arriva ai ragazzi, non solo a quelli direttamente gratificati. Altro quesito interessante riguarda i possibili legami tra questi metodi trasmessi dalla scuola, magnificati dalla politica, e la struttura che assume la collettività nonché il modo stesso di fare politica.
Il degrado culturale, sociale ed economico arriva raramente da fuori.
Voglio ricordare, solo di passaggio, che i ragazzi beneficiari di tanta generosità, nei concorsi pubblici acquisiscono punteggi aggiuntivi, a danno di quelli che in altre regioni vengono valutati con maggiore equità. Questo non è solo un crimine etico, perché si toccano le vite degli altri.
Deformare la realtà, credendo di essere generosi, significa aprire la strada a terribili autoinganni, che presenteranno conti molto salati nella vita dei ragazzi, soprattutto quando toccheranno con mano che i numeri e le valutazioni non rappresentano lo stato dei fatti.
È lo stesso errore che commettono i genitori vizianti.
Forse quell’esplosione di presunta eccellenza dovrebbe fare riflettere l’ampollosa assessora, perché non è escluso che le valutazioni risentano degli standard locali: più qualità è presente nello specifico sociale più è probabile che le richieste fatte dalla scuola ai ragazzi siano alte.
Insomma, non è detto che un pesce grosso in una vasca piccola, lo rimanga anche quando questa diventa una piscina. Ma forse è meglio non svegliare l’assessora.
Ero in dubbio se scriverti, non hai certo bisogno delle mie impressioni. Ma non resisto a dirti che questo articolo ti fa particolarmente onore, oltre ogni limite! Grazie
Ciao Gianluca
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Caro Gianluca, credo di essere quello di sempre, ma mi fanno piacere le tue parole. Occorre essere atemporali e lontani dalle leggi della prossimità, il fatto che in Meridione ci sia nato e cresciuto, mi rende ancora più severo, visto che faccio parte di coloro che, senza demeriti precisi, si sono dovuti fare migranti, proprio a causa di questa incultura che, come vedi, presidia pure le istituzioni. Grazie
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In effetti la realtà, sconosciuta all’Assessora, è sotto gli occhi di tutti. Fino a qualche mese fa, anche di buona parte degli stessi calabresi, alcuni mossi da uno scatto d’orgoglio, realistico e coraggioso hanno deciso di tentare di dare una scossa, sperando in un effetto trascinamento anche dell’altra parte rimasta al palo, spesso però non completamente per causa loro.
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Tu sei una persona immersa nella realtà e sai benissimo che non si può giocare con le parole, sono certo che l’hai sperimentato sulla tua pelle, nella stessa regioni di cui stiamo parlando. La verità, caro Pierluigi, è che quelle stesse leggerezze ingannevoli usate dai valutatori scolastici, ri rovesciano a cascata sulla società calabrese, meridionale, asfissiandola, senza che vi sia un vero contropotere, laico e consacrato.
Grazie e un caro saluto
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Ci sono elementi dannosi nella scuola che sono sotto gli occhi di tutti, ma a cui siamo rassegnati e che fanno sentire impotenti quanti si impegnano con onestà. Credo non se ne parli abbastanza, anche perché questa ” maleducazione” forse in modo meno evidente, impermea anche tanti educatori e docenti dal nord al sud. Penso che sia importante parlarne, sopratutto per combattere certi atteggiamenti, soventemente tollerati, che creano ambienti tossici a danno di chi viene educato. Faccio piccoli esempi: il professore che non dà il debito all’alunno per non doversi sbattere a fare corsi di recupero in estate ed esami a settembre, oppure il docente dell’infanzia o primaria che sorvola consapevolmente problemi educativi o scolastici di un alunno per evitare rogne con il genitore, l’isolamento da parte dei colleghi di un docente o di un collaboratore scolastico per la sola colpa di adempiere al suo dovere facendo apparire gli altri, meno efficaci e in difetto. Sono piccoli esempi di mala-educazione, ma mentre ciò accade i ragazzi ci stanno a guardare. Grazie Domenico per averne parlato.
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Cara Antonella, c’è tanto altro da dire sulla scuola, cercheremo di metterci mano, fino a quando tutti gli insegnanti non capiranno che sono degli educatori e che “modellano” anche quando non se ne accorgono, fino a quando i politici non la smetteranno di fare i “ruffiani” e useranno il loro tempo per prepararsi al grave compito loro toccato, fino ad allora, la scuola e chi la frequenta dovranno fare i conti con mlìolte variabili rischiose. Nell’ultimo anni mi è accaduto di tenere seminari a dirigenti e insegnanti, c’è moltissimo di buono, ma la scuola non può tollerare nemmeno una goccia di dilettantismo. Grazie
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Caro dottore, tocca un tema molto delicato e serio, e lo fa con schiettezza e autorevolezza. Effettivamente i dati dei test Invalsi evidenziano anche 30 punti percentuali di differenza quanto ad alunni che raggiungono la sufficienza tra Nord e Sud, un divario drammatico, che purtroppo risulta una costante.
Ovvio che chiami in causa il sistema scuola, evidentemente poi portato ad assolversi ed incensarsi quando si deve autovalutare attraverso le prove degli alunni. Anche qui non è una novità di quest’anno, che i voti di maturità al sud siano più alti che al nord.
Il punto è che poi questa sopravvalutazione rischia come lei evidenzia di diventare un boomerang per gli studenti, che non riescono ad avere una serena consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti e rischiano di approcciare il mondo del lavoro e quello universitario con aspettative gonfiate e con una percezione di sé sfasata, che può condurre a insuccessi sul piano professionale e universitario.
Non credo sia un caso se anche l’emergenza dell’abbandono degli studi universitari registri tassi decisamente piu elevati al sud rispetto che al nord, cosi come al sud si allunghino i tempi medi anche dei percorsi universitari e vi siano percentuali più elevate di studenti fuori corso.
Credo che sia un dibattito che serenamente il Paese deve affrontare, senza ipocrisia e senza sentirsi dire, da “settentrionali”, che facciamo questi discorsi perché ce l’abbiamo col Sud.
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Caro Gianni, la ringrazio per questo contributo, molto documentato e dirimente. Quasi tre quarti della mia sono trascorsi qui in Lombardia, quindi comprendo cosa intende quando usa il termina “drammatico” a proposito del divario esistente tra le due metà dell’Italia. Il fatto è che c’è un fortissimo ritardo rispetto a questa presa di coscienza, perché quando il Sud deve giudicare se stesso, si inceppa, ma quando i meccanismi dell’autovalutazione si bloccano non è possibile fare delle serie analisi della realtà, dunque anche le risposte diventano una chimera. Aggiungiamo il ruolo, spesso malavitoso, della politica che sullo status quo costruisce fortune immense, una politica che gode di una delega sconfinata, perché ogni controllo sociale è assente, spesso non strafottenza ma semplicemente perché le persone sono assorbite dalla lotta per il pane quotidiano. Pensi che proprio ieri parlavo al telefono con una parente, che lavora dieci ore al giorno per 500 euro in nero, sono cominciate le sue ferie ma non saranno pagate, proprio perché non in regola. Per la politica meridionale, quasi al completo, occorrerebbe una Norimberga, che non ci sarà mai. Tre mesi, proprio in Calabria, rispondendo ad una domanda dal pubblico, dicevo che nessuno li salverà, devono essere loro a rendere la loro rabbia dirompente, ma qui c’è un altro ostacolo, la mancanza del pronome personale noi. L’unico ammesso è il primo, ecco perché gli insengnati non vogliono rompere né le uova e neppure il paniere, tutta quella sovrabbondanza è un voto a se stessi, un’assoluzione piena, anzi con lode.
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