Confusi e senza storia, esposti a pericoli enormi 

Il 13 settembre del 2013 la sonda Voyager 1, lanciata nel 1977, dopo avere percorso quasi 20 miliardi di chilometri -una distanza che la luce copre in una manciata di ore- lasciò il sistema solare, avventurandosi nello spazio interstellare.

Era il primo oggetto costruito dall’uomo a lasciare casa nostra per sempre, sebbene sarebbe meglio non usare espressioni così definitive quando parliamo dell’Universo di cui, in proporzione, conosciamo giusto nome e cognome. 

Forse si trattò, all’insaputa di molti, del momento più emozionante della storia dell’uomo. La Terra, infatti, dopo avere ricevuto per miliardi di anni apporti di ogni genere dallo spazio, da cui fu modellata e segnata nel destino, a cominciare dal privilegio di ospitare la vita, ora “regalava” a quello stesso spazio una piccola parte di sé, corredata di simboli dei nostri progressi, compreso un disco contenente immagini e suoni prodotti dagli umani. 

In quegli stessi giorni riaprivano le scuole, dopo tre mesi di vacanze, e io riprendevo i miei viaggi attraverso il Paese, certo assai più brevi di quello appena ricordato. Quell’anno chiesi a moltissimi insegnanti e genitori se per caso avessero parlato ai loro studenti o figli di quel prodigio. Quasi nessuno lo aveva fatto, dunque per i bambini e i ragazzi, se non tutti, almeno la stragrande maggioranza, non era mai accaduto, per loro il razzo vettore Titan-IIIE, che portava in cima quel traliccio dalle forme non troppo aggraziate, non era mai partito.

Una vicenda che nasconde due delle più pericolose contraddizioni che ci attraversano. 

Prima di tutto l’oscuramento dei grandi eventi di segno positivo che, se valorizzati, ci unirebbero e ci farebbero percepire la pretestuosità nonché la letalità di molti conflitti, ma anche l’inutilità di quelle forme di comunicazione banali, da cortile, forme di pettegolezzo che arricchiscono pochi ma inquinano le coscienze di intere generazioni, polarizzandole tra opposti, uno più inutile dell’altro.

Immaginate cosa poteva significare se tutti i mezzi di comunicazione, proprio nei giorni in cui la sonda stava lasciando la bolla di influenza della nostra stella, si fossero concentrati sull’evento, facendone percepire la portata storica, scientifica, romantica, invece di raccontarci che la tale influencer stava perlustrando il superattico appena acquistato. 

Ci avrebbe aiutato a creare almeno un abbozzo di coscienza di specie, condividendo le stesse emozioni con gli abitanti della Mongolia o dello Sri Lanka, perché quella era l’impresa di tutta l’umanità, affratellata dalla meraviglia e dallo sgomento della propria modestia di fronte ai misteri che ci sovrastano e che tuttavia osiamo interrogare con le nostre macchine.

Il secondo dramma, forse peggiore del primo, è lo scollegamento dei fatti presenti dalle loro origini, dalle loro radici, una cesura che tocca tutti gli ambiti, a cominciare dalla politica, condannandoci a infiniti ritorni, perché quando si dimentica si è costretti a ricominciare daccapo ripetendo gli stessi errori e orrori, come treni che percorrono sempre lo stesso binario, obbligato.

Ecco, sarebbe tempo di chiedersi cosa si insegna quando si insegna e perché lo si insegna. Senza queste domande preventive la trasmissione intergenerazionale diventa solo un flusso di informazioni senza trama e, dunque, senza significato, prive di quelle opportunità che Michael Tomasello chiama apprendimento cumulativo, che permette generazione più recente di avere un patrimonio culturale maggiore di quella che la precede. Vantaggio impossibile da conseguire, se le nuove nozioni sono appoggiate nel vuoto. 

6 pensieri riguardo “Confusi e senza storia, esposti a pericoli enormi 

  1. Mi complimento per questa riflessione, come sempre accade lei ci sottopone pensieri profondi e originali, aprendoci gli occhi su verità inedite.
    Mi colpisce in particolare l’osservazione per cui “l’oscuramento dei grandi eventi di segno positivo” sia una colpevole omissione, perché come in modo acuto lei rileva, se questi fatti venissero valorizzati maggiormente, dai media, in famiglia, a scuola, nei contesti sociali, ci unirebbero, abbatterebbero le distanze fra popoli, affratellandoli, rafforzerebbero il senso di un comune destino umano e rappresenterebbero un antidoto a tanti individualismi e nazionalismi.
    La trovo una considerazione illuminante, e al contempo provo sgomento nel registrare quanto invece la “comunicazione” permanga sempre su livelli infimi, infarcita di banalità come quella cui lei allude del superattico della influencer (banalità che in realtà generano frustrazioni per lo status inarrivabile che propongono),
    oppure appiattita sulle dichiarazioni del politico di turno, in un ring in cui se non fai il fenomeno e giochi a spararla grossa non esisti, non guadagni le prime pagine. Peraltro senza imparare nulla dal passato perché manca il minimo esercizio di senso critico e di memoria, per cui un buffone qualsiasi può tornare a pontificare a Lampedusa, addirittura annunciando che rifarà i decreti sicurezza, che da abominevole ministro dell’Interno aveva promosso. Qualcuno gli ricordasse, ad esempio, che molti dei punti di quei decreti erano stati travolti da incostituzionalità manifesta!
    Si, dottore, ha ragione, è compito della scuola, della famiglia, della società, dei media, dunque di ciascuno di noi, farsi “portatori sani” di una comunicazione più “qualificata”. C’è in gioco il nostro futuro, anzi il nostro presente.

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    1. Grazie Gianni, per avere rimarcato questi elementi. Inutile negarlo, i mezzi di informazione decidono da che parte dobbiamo guardare, l’antidoto è l’educazione sebbene rimanga il tema di chi educa gli educatori, che poi sono gli stessi che, a loro volta, educheranno i futuri politici. Una sorta di circolo vizioso.
      Una famiglia in cui si esercita e si sollecita lo spirito critico può fare barriera a queste derive, ma non è facile per i legislatori capire che la famiglia dev’essere affiancata con progetti che vadano oltre i bonus.
      La situazione, caro Gianni, è prossima a sfuggire di mano, occorre uno scatto per contrastare questa prospettiva, la progressione lenta non serve più. Un caro saluto

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  2. Amo la storia dai tempi della scuola, grazie a due insegnanti illuminati e appassionati che cercavano di farci scoprire le connessioni tra gli avvenimenti passati e non il solo susseguirsi di date ed eventi. Non posso quindi che concordare sull’utilità dello studio e della memoria per evitare gli errori delle generazioni che ci hanno preceduto. Non le nascondo però che da quando ho letto il suo articolo non faccio altro che chiedermi perché l’uomo, se dimentica il suo passato, è portato a ripetere gli stessi errori spesso causa di tanto dolore. Forse nella natura umana prevale il desiderio di sopraffazione rispetto a quello di solidarietà? Solo l’educazione ci permette di essere degli ‘animali sociali’ ? Sono un’inguaribile ottimista e quando vedo certi orrori cerco di pensare a quanto di buono e generoso riescono a fare moltissime persone ed è a quella parte di genere umano che voglio guardare per trarne ispirazione.
    Mi perdoni dottore se sono andata un po’ fuori tema; in ogni caso la ringrazio per i suoi articoli capaci di scuotere le coscienze spesso assopite.

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    1. Cara Moira, intanto grazie per la sua profonda e significativa riflessione, per nulla fuori tema, poi mi piace dirle che se andassimo più spesso fuori tema vedremmo più cose, quindi potremmo stabilire più nessi, che significa diventare più consapevoli.
      Lei dice una cosa saggia, quando presenta le cause del suo ottimismo, c’è tantissimo di buono negli esseri umani, altrimenti saremmo rimasti sopraffatti da noi stessi, tuttavia se in questi mesi si è guardata intorno, cosa di cui è difficile dubitare leggendo le sue parole, avrà notato quante regressioni minacciano la vita dei singoli e delle comunità. Il mondo è in guerra, anche se non sentiamo le cannonate. L’ambiente agonizza, anche se ci ostiniamo a vivere come se non fosse vero. Il mondo animale è schiacciato dal nostro cinismo. Senza l’ottimismo non possiamo farcela, ma senza realismo non possiamo neppure inizare a combattere. Grazie davvero

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  3. Ottimo articolo i mas media telegiornali cercano sempre di fare vedere cose negative x fare notizia ,e non quelle positive che ci uniscono e ci fanno crescere.
    Le scuole dovrebbero fare crescere e cogliere gli eventi positivi e trasmetterli ai ragazzi..

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