Stamattina, lunedì 26 settembre, sono uscito dal cancellino di casa per recarmi in studio. Un giorno spiacevole, palesemente diverso, che non avrei mai creduto di vivere.
Sul marciapiede qualcuno aveva abbandonato un bicchiere di carta, completo di cannuccia e coperchio. Accade di frequente. Di solito raccolgo e ripongo nei cestini della differenziata, stamattina mi sono rifiutato. Nella cultura strafottente di chi tratta il mondo come un immondezzaio vedo la stessa radice che manovra i grandi eventi, portandoli dalla parte sbagliata.
Non voglio più supplire. Se le persone vogliono un mondo inospitale, chiuso, ostile, individualistico, ebbene facciamoglielo sperimentare davvero fino in fondo, altrimenti non coglieranno mai appieno le ricadute delle loro azioni.
Si tratta di un principio che funziona benissimo nell’ambito pedagogico, come autorevoli seguaci di Alfred Adler ricordano.
Se tu esorti un bambino a non toccare i fornelli perché scottano, lui continuerà a essere incuriosito da quella possibilità, ma se ci mette le mani e prova dolore, la volta successiva non lo farà.
Queste si chiamano conseguenze naturali, è così che la realtà ci educa.
Le conseguenze logiche, invece, sono quelle che apparecchia scientemente un educatore per cambiare abitudini sbagliate, raccordando però la qualità della mancanza a quella dell’effetto.
Se tu fatichi a svegliarti perché la sera vai a letto tardi, prendo atto che non sei in grado di regolare i tuoi ritmi e decido io a che ora si va a dormire.
Ti colpisco, per “logica”, proprio sulla gestione del tempo, senza inventare sanzioni ad arbitrio.
Un semplice riflesso della tua incapacità di amministrarti, che ti fa arrivare a scuola un’ora dopo.
Senza il metodo educativo delle conseguenze logiche, sfuggono le differenze tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Proprio quello di cui non abbiamo bisogno, il Pianeta è sotto pressione in tutti i sensi, meritarsi il diritto di abitarlo è urgente.
Condivido. Avete voluto la merda ,mangiatela. Vomiterete? Vomitate. State male. Chiamate chi vi ha fatto star male. Non sarò indifferente ,vi sorriderò salutandovi.
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Lei usa parole drastiche, ma in qualche modo amplifica un messaggio presente anche nel post, ossia la necessità di ricordare a chi vota e a chi non lo fa, che sceglie per l’intera comunità. Personalmente, da cittadino, accetto l’esito delle urne, ma continuo a pensare che diventa ogni giorno più necessario educare alla consapevolezza, raccontando con onestà ogni passaggio della storia, soprattutto quella recente, perché senza appoggiare la propria scelta su un pavimento di conoscenze, ci si fa solo del male. Comunque, torneremo prestissimo sull’argomento, questo è un blog di psicologia, una pagina che cerca di approfondire le ragioni dei comportamenti degli individui, non degli individui in astratto, ma di persone che agiscono e che, a seconda di come sono formate, possono fare il bene o il male dei propri simili.
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Si resta senza parole, dottore. Ha ragione lei: facciamo sperimentare ai cittadini le conseguenze di questa visione individualista (e medievale) della società.
Ciò che temo, e che è stato paventato ripetutamente considerando le promesse senza copertura della destra, specie sul piano economico e sociale, sono le conseguenze sui conti pubblici e sui servizi pubblici, specie per chi non può permettersi le alternative a pagamento.
E il rischio che poi tocchi al centrosinistra rimediare con manovre impopolari e di sacrificio e dunque poi incassare nuove debacle alle urne. Sebbene la sinistra non sia minimamente immune da colpe e responsabilità e debba riguadagnare in credibilità, fiducia, consapevolezza della realtà situata e compassione.
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Tutto ciò che rimane sospeso a metà, non genera apprendimenti, ma questo non sarebbe il male assoluto,
il problema è che in questi vuoti, in questi territori senza risposte, si inseriscono figure molto caratterizzate (guardi chi sono i personaggi che negli ultimi anni si sono segnalati per i loro exploit elettorali, poi rientrati in un baleno), abilissime a utilizzare le incertezze degli individui, canalizzandole a proprio uso e consumo.
Lei, caro Gianni, non immagina quanto sia faticoso gestire questo blog e tenerlo lontano dalla tentazione dei social, dove avrebbe altri numeri, ma ci ostiniamo a pensare che allenarsi a ragionare sia l’antidoto alla faciloneria cui faceva cenno (facciamo debiti, come se non ci fosse qualcosa tipo di noi), ma approfondire implica voglia di faticare.
Sembra una partita persa, ma è l’unica strada che ci rimane, da educatori e da cittadini. Grazie
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