Stamattina, un caro amico mi raccontava che il figlio trentenne, facendoglielo sapere a cosa fatte, onde evitare di preoccuparlo, si è recato a Kiev per incontrare alcuni giovani di quella città.
Mentre chiacchieravano e facevano musica in uno scantinato, è andata via la corrente. Istintivamente, nel buio più totale, si sono avvicinati l’uno all’altro, rimanendo in circolo, mano nella mano, fino al ritorno luce.
È bastato questo piccolo gesto, ispirato dalla paura, a renderli più tranquilli. Qualcosa di ancestrale li aveva spinti a cercare rassicurazione proprio nelle radici della nostra specie, toccando con mano, letteralmente e per intero, l’essenza stessa dell’intera vita umana, della sua presenza sul Pianeta, dei suoi inarrestabili progressi.
Messi di fronte a un momento estremo, quei ragazzi si sono affidati alla carta più sicura che avevano in mano, l’altro. Un esperimento istintivo, del tutto casuale, che sconfessa in un istante, il tempo di aggrapparsi l’uno all’altro, tutta la cultura individualistica che sta travolgendo il mondo, compreso il paese che abitiamo.
Da un paio di anni sono impegnato nella scrittura di un volume sull’individualismo, parallelamente lavoro a un progetto analogo per i bambini, poiché convinto che se non si trova il modo di intervenire nelle fasi più primitive, quelle in cui si strutturano le linee guida dello stile di vita, sarà difficile immaginare dei cambiamenti e ancora più faticoso realizzarli. I bambini sanno bene che dipendiamo l’uno dall’altro, una consapevolezza che durerà fino a quando genitori e educatori riusciranno a istillare loro la convinzione che a essere altruisti si passa per fessi.
Mi permetto di chiedere a chi educa, di desistere da questa opera di demolizione, perché i pilastri che stanno intaccando faranno crollare il tetto proprio sulla testa degli stessi figli che vorrebbero salvare. Persino nel buio di quello scantinato di Kiev, il principio è diventato luminosissimo.
Condivido appieno il tuo pensiero Domenico siamo tutti interconnessi, bisogna uscire da questa mentalità di individualismo.
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Sembra, però, caro Giuseppe, che resista ostinatamente alle buone intenzioni. L’educazione sarà fondamentale per sradicarlo o perlomeno per confinarlo in spazi più ristretti. Grazie
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Grazie Domenico per aver condiviso questa esperienza illuminante. Il ruolo dell’educazione nello sconfiggere l’individualismo é sempre più attuale e fondamentale. Raccontare questi episodi aiuta ad accendere luci di speranza e a dare coraggio a quanti credono che solo sentendoci comunità possiamo camminare in avanti.
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Grazie a lei, cara Antonella, credo che gli episodi come quello raccontato siano quotidiani, ma fanno meno rumore, dovremmo insegnare ai bambini ad aguzzare la vista, perché per loro sarebbe un panacea scoprire che, oltre alle belle parole che ci diciamo a Natale, esistono donne e uomni in carne e ossa, capaci di andare oltre se stessi. Un caro saluto e buon anno
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Grazie Domenico, per il racconto e per la riflessione, entrambi molto belli, luminosi nonostante tutto.
Mi ha colpito anche lo sfondo di questo racconto: la ricerca di equilibrio, nel rapporto genitori-figli, tra il desiderio di protezione (e la percezione di questo desiderio genitoriale da parte del figlio) e la necessità viscerale di autonomia. C’è qualcosa di molto delicato in questo sfondo, leonardesco nella levità ma anche nella precisione.
Un’altra forma dell’individualismo sfrenato che ci sta divorando è proprio quella dei genitori mannari, quelli per cui il proprio figlio va protetto sempre e comunque mentre gli altri sono figli di nessuno, e che in questo modo invece intaccano prima di tutto la vita dei loro stessi figli.
Buon anno, Domenico.
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Le cose che lei giustamente mette in rilievo, sono le stesse ad avere colpito me. La ringrazio per averle rimarcate, perché meritano di esserlo, sono simboliche di aspetti che danno senso a tutto il resto e che, purtroppo, sembra diluirsi sempre più nel romore di fondo delle nostre giornate. Un carissimo saluto e buon anno
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Una lezione di cooperazione ci arriva quotidianamente dal nostro corpo.
Finche’ le cellule che lo formano collaborano tra di loro e tra di loro si aiutano, si danno una mano, il nostro corpo rimane in salute.
I guai iniziano quando anche solo una cellula decide di isolarsi dalle altre e smette di cooperare.
Tanto e’ vero che in oncologia viene definita cellula “impazzita”, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Lo stesso avviene nella conseitudine di un qualsiasi rapporto umano, lavorativo o famigliare.
Quando prevale l’individualismo, l’ingranaggio si arresta, viene a mancare l’equilibrio fondamentale di aiuto reciproco, responsabile della crescita, si della singola persona, ma all’interno di tutta la comunita’
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Cara Simona, un esempio più chiaro diretto sarebbe stato difficile trovarlo, soprattutto accompagnato da parole così appropriate. Un seme per il nuovo anno, a patto che venga portato a spesso ogni giorno e non solo a ridosso di questo capolinea e ripartenza. Grazie mille e buona anno
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